Purtroppo, nonostante l’obiettivo dichiarato di ridurre il consumo di suolo, la legge regionale della Lombardia n.31/2014 impediva ai Comuni di variare le proprie previsioni urbanistiche, anche laddove la variazione fosse funzionale a sottrarre superfici dal rischio edificatorio.
Il Comune di Brescia, che con il suo PGT del 2016 aveva stabilito di ripristinare l’inedificabilità di un vasto territorio urbano nel quartiere di San Polo, ha visto il ricorso al Tar promosso dai privati che ottenevano una sentenza a loro favorevole. Ma il Comune, sostenuto da Anci e Legambiente Lombardia si è appellato al Consiglio di Stato il quale ha riconosciuto le ragioni dell’Amministrazione locale e ha sollevato la questione di costituzionalità della norma regionale, su cui si sarebbe dovuta pronunciare la Consulta.
La sentenza della Consulta è arrivata, favorevole al Comune di Brescia, e si colloca nell’alveo giusto delle decisioni che intervengono sul presente per garantire il futuro delle città, dei territori, dei cittadini.
La sentenza interviene anche sulla potestà pianificatoria dei Comuni, prevista dalla Costituzione e dal Testo unico 267/2000. Non si vuol negare la necessità di una normativa nazionale e una normativa regionale entro le quali si collochino le decisioni dei Comuni. Capita a volte, però, come in questo caso, che manchi una legge nazionale di indirizzo, e che la legge regionale impedisca ai Comuni di decidere per il meglio dei loro territori.
Ben venga allora la sentenza della Consulta che prescrive un percorso giusto, in quanto riporta la decisione in capo ai Comuni, interviene sulle decisioni scorrette della Regione, e indica un percorso innovativo verso quella salvaguardia del suolo che è condizione primaria per affrontare i problemi presenti e futuri.
ALI- Autonomie Locali Italiane plaude alla decisione della Corte costituzionale e ribadisce l’urgente necessità che il Parlamento promuova e approvi una normativa che stabilisca in modo inequivocabile che il suolo non può continuare ad essere, in modo indiscriminato, sfruttato a fini edificatori. Occorrono pertanto norme che preservino il suolo non edificato e orientino tutti gli investimenti dei settori delle costruzioni e delle infrastrutture verso la rigenerazione delle città nei loro spazi già costruiti, in cui gli ambiti di degrado e abbandono sono cresciuti in modo incontrollato con gravi conseguenze ambientali, economiche e sociali.