SENTENZA DEL TAR CALABRIA: BOCCIATA L’ORDINANZA DELLA PRESIDENTE DELLA REGIONE

Illegittima la ripresa delle attività di Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pizzerie, Agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto nella regione Calabria. La Presidenza del Consiglio individua le misure di contrasto alla diffusione COVID-19, le Regioni possono intervenire solo nei limiti dell’art. 3 del D.L. n. 19 del 2020.

Il Tar di Catanzaro “boccia” l’ordinanza della Regione Calabria del 29 aprile 2020, n. 37 nella parte in cui prevedeva come, a partire dalla data di adozione dell’ordinanza medesima, sul territorio della Regione Calabria, fosse «consentita la ripresa delle attività di Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pizzerie, Agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto». Si tratta di una decisione importante, in particolare per le sue ricadute sui rapporti tra Stato e Regioni in materia sanitaria, che si è tradotta in una articolata e puntuale disamina delle problematiche sollevate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Accogliendo il ricorso Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 09/ 05/ 2020 n. 841 stabilisce infatti che  “Spetta infatti al Presidente del Consiglio dei Ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus COVID-19, mentre alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati dall’art. 3, comma 1 d.l. n. 19 del 2020 [1], che però nel caso di specie è indiscusso che non risultino integrati”. Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 09/ 05/ 2020 n. 841 inoltre evidenzia come il ricorso debba essere accolto in nome del “principio di precauzione”: Invero, l’ordinanza regionale motiva la nuova deroga alla sospensione dell’attività di ristorazione, mediante l’autorizzazione al servizio al tavolo, con il mero riferimento del rilevato valore di replicazione del virus COVID-19, che sarebbe stato misurato in un livello tale da indicare una regressione dell’epidemia. È però ormai fatto notorio che il rischio epidemiologico non dipende soltanto dal valore attuale di replicazione del virus in un territorio circoscritto quale quello della Regione Calabria, ma anche da altri elementi, quali l’efficienza e capacità di risposta del sistema sanitario regionale, nonché l’incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate (si pensi, in proposito, alla diminuzione delle limitazioni alla circolazione extraregionale). Non a caso, le restrizioni dovute alla necessità di contenere l’epidemia sono state adottate, e vengono in questa seconda fase rimosse, gradualmente, in modo che si possa misurare, di volta in volta, la curvatura assunta dall’epidemia in conseguenza delle variazioni nella misura delle interazioni sociali. Un tale modus operandi appare senza dubbio coerente con il principio di precauzione, che deve guidare l’operato dei poteri pubblici in un contesto di emergenza sanitaria quale quello in atto, dovuta alla circolazione di un virus, sul cui comportamento non esistono certezze nella stessa comunità scientifica. Si badi, che detto principio, per cui ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655), deve necessariamente presidiare un ambito così delicato per la salute di ogni cittadino come è quello della prevenzione (Corte cost. 18 gennaio 2018, n. 5). È chiaro che, in un simile contesto, ogni iniziativa volta a modificare le misure di contrasto all’epidemia non possono che essere frutto di un’istruttoria articolata, che nel caso di specie non sussiste. Infine il ricorso viene accolto perché l’Ordinanza della Regione Calabria ha violato il principio di leale collaborazione. Sul punto, occorre ricordare come la violazione del principio di leale collaborazione costituisca elemento sintomatico del vizio dell’eccesso di potere (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 14 dicembre 2001, n. 9). Nel caso di specie, non risulta che l’emanazione dell’ordinanza oggetto di impugnativa sia stata preceduta da qualsivoglia forma di intesa, consultazione o anche solo informazione nei confronti del Governo. Anzi, il contrasto nei contenuti tra l’ordinanza regionale e il d.P.C.M. 26 aprile 2020 denota un evidente difetto di coordinamento tra i due diversi livelli amministrativi, e dunque la violazione da parte della Regione Calabria del dovere di leale collaborazione tra i vari soggetti che compongono la Repubblica, principio fondamentale nell’assetto di competenze del titolo V della Costituzione. Il Tar accoglie il ricorso e, per gli effetti, annulla l’ordinanza del Presidente della Regione Calabria del 29 aprile 2020, n. 37, nella parte in cui, al suo punto 6, dispone che, a partire dalla data di adozione dell’ordinanza medesima, sul territorio della Regione Calabria, è «consentita la ripresa delle attività di Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pizzerie, Agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto». da giurisprudenzappalti.it

2_TAR CALABRIA, Catanzaro, Sez. I, 9.5.2020 n. 841

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