CDP HA FORNITO LE INDICAZIONI SULLA SOSPENSIONE MUTUI

La rinegoziazione dei mutui fra enti locali e Cassa depositi e prestiti è effettuata in equivalenza finanziaria, ma ogni amministrazione deve valutarne l’impatto anche sul lungo periodo. Sulla maxi-operazione avviata dall’ Istituto di via Goito per dare ossigeno ai bilanci di 2020 concessi a comuni, province, città metropolitane, Unioni di comuni, comunità montane si concentrano in queste ore le attenzioni dei responsabili del servizio finanziario, chiamati ad una scelta tutt’altro che agevole: da un lato, si pone l’ esigenza di salvaguardare gli equilibri contabili dell’ esercizio in corso, pesantemente azzoppato sul lato entrate dagli effetti del lockdown. Dall’ altro, occorre comunque evitare di appesantire la situazione finanziaria complessiva delle amministrazioni, evitando di accollare oneri eccessivi alle generazioni future. Molti ragionieri hanno rispolverato al riguardo l’ art. 41, comma 2, della l 448/2001, ai sensi del quale «fermo restando quanto previsto nelle relative pattuizioni contrattuali, gli enti possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei mutui, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni». Nei webinar dedicati all’ argomento, Cdp ha chiarito che formalmente l’operazione in corso non è soggetta alla citata previsione, in quanto non vi è novazione oggettiva del rapporto. In ogni caso, le proposte sono state costruite in modo da garantire una (sia pure minima) riduzione del valore attuale dei flussi finanziari, applicando opportuni fattori di sconto fissati in base alla durata ed alle condizioni di mercato vigenti alla data di determinazione dei tassi di interesse dei prestiti rinegoziati. Ma si tratta di una metodologia che, per costruzione, porta al risultato atteso. Facendo alcune simulazioni su portafogli di mutui, emerge, invece, che la convenienza è inversamente proporzionale alla durata residua: per i prestiti con scadenza ravvicinata e comunque anteriore al 2043, la durata viene allungata e il costo complessivo aumenta; viceversa, per i prestiti con scadenza successiva al 2043, la durata resta invariata e ad aumentare è la convenienza, anche se ovviamente il mancato esborso delle quote capitali nel 2020 viene comunque remunerato in favore dell’ istituto attraverso un interesse. Insomma, una decisione non facile da assumere; sia per i tecnici che per gli amministratori che, entro il 257 maggio, dovranno dare il via libera individuando analiticamente le posizioni da rinegoziare. Fonte: Italia Oggi

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