Anche gli appalti comunali sono condizionati dall’inefficienza del tribunale locale. Se i termini previsti dal contratto sono già stati superati, il ritardo si accentua. Una prova di più della necessità di una riforma organica della giustizia civile
Giustizia civile e ritardi nei lavori pubblici La giustizia civile in Italia è spesso considerata un freno alla crescita e alla competitività delle imprese. Secondo un recente studio, la sua lentezza incide anche sul ritardo nell’esecuzione degli appalti pubblici: le stime indicano che all’aumentare di un anno della durata media dei processi, il ritardo medio nella consegna dei lavori cresce di oltre il 7 per cento. In un nostro lavoro approfondiamo il legame tra la lentezza della giustizia civile e il ritardo nell’esecuzione di appalti comunali. Il nostro studio si differenzia dalla letteratura esistente per due aspetti fondamentali: il nostro approccio metodologico consiste nel confrontare comuni adiacenti, ma separati da un confine di circondario e quindi afferenti a tribunali civili diversi, per identificare in maniera rigorosa il rapporto di causa-effetto. Inoltre, ipotizziamo che l’effetto sia sostanzialmente diverso su appalti con ritardi brevi o lunghi.
Cosa succede nei comuni Perché ci aspettiamo risultati diversi per appalti con ritardi brevi e lunghi? La disciplina degli appalti pubblici in Italia prevede diverse tutele per la stazione appaltante – inclusi tempi dilazionati di pagamento, garanzie fideiussorie e penali proporzionali all’ammontare del ritardo – che di fatto rendono inutile il ricorso alla giustizia civile in caso di violazione dei termini contrattuali: se l’impresa non onora il contratto nei tempi e modi stabiliti, il comune (nel nostro caso) ha tutti gli strumenti per tutelarsi e recuperare il danno subito senza citare in giudizio l’impresa. Ne segue che un eventuale procedimento giudiziario – legato, per esempio, a penali non dovute – è quasi sempre avviato dall’impresa appaltatrice, nei confronti del comune. E nelle sue decisioni strategiche, l’azienda è influenzata dalle attese sulla rapidità ed efficienza con cui il tribunale locale gestirebbe un eventuale procedura civile. Per appalti con ritardi più brevi, l’importo relativamente esiguo delle penali rende l’impresa appaltatrice meno propensa a citare in giudizio il comune se il tribunale locale è lento, perché i costi fissi di una lunga e incerta causa civile supererebbero il valore della penale. In tale caso, l’impresa ha quindi interesse ad accelerare i lavori ed evitare che il comune abbia motivi per trattenere la penale. In caso di appalti con ritardi più lunghi, invece, il costo previsto della causa, per quanto elevato, è in genere inferiore alla penale che il comune può escutere (il tetto è fissato per legge al 10 per cento del valore del contratto), quindi aumenta la probabilità di ricorso alla giustizia su iniziativa dell’impresa. A questo punto subentra un effetto “strategico”: l’impresa può sforare i tempi previsti dal contratto sapendo che il comune potrebbe non imporre le penali, consapevole che l’impresa avrebbe convenienza a portarlo in tribunale. Se invece il comune “tira dritto” ed escute la penale, spingendo l’impresa a citarlo in giudizio, subentra un effetto “diretto”: una volta avviata la causa, eventuali sequestri o altre procedure giudiziarie possono creare ulteriori ritardi nell’esecuzione dei lavori. Cosa succede invece in circoscrizioni giudiziarie con tribunali più veloci? In questo caso, l’impresa può avere convenienza strategica a citare in giudizio il comune anche per contenziosi relativi a ritardi (e penali) esigui, perché il costo atteso della causa è inferiore. L’implicita “minaccia credibile” delle imprese disincentiva l’escussione di penali e garanzie da parte del comune. Le imprese, quindi, possono reagire anteponendo i propri profitti – ad esempio evitando di affittare macchinari aggiuntivi o di pagare straordinari ai lavoratori – rispetto alla consegna puntuale delle opere pattuite. Ne segue che nei circondari con tribunali più rapidi aumenta la frequenza di ritardi minori. L’entità di quelli maggiori, invece, si riduce perché diminuisce il ruolo dell’effetto diretto. In linea con questo impianto teorico, i nostri risultati empirici – stimati utilizzando un database che contiene informazioni dettagliate su circa 45 mila appalti pubblici stipulati tra il 2002 e il 2012 – mostrano che la lentezza dei tribunali provoca un lieve anticipo nella consegna del 20 per cento “virtuoso” di appalti che sono allineati con il cronoprogramma stabilito e hanno un ritardo inferiore al 5 per cento della durata dei lavori. Causa invece un ulteriore differimento in quel 30 per cento di appalti che hanno già accumulato un ritardo uguale o superiore al 120 per cento della durata pattuita. L’effetto non è invece statisticamente significativo per gli appalti con ritardi medi, che nel nostro dataset oscillano tra il 20 e l’80 per cento della durata prevista nel contratto. Gli effetti stimati non sono trascurabili: ad esempio, percorrendo il centinaio scarso di chilometri che separano un tribunale come quello di Orvieto (654 giorni di durata media stimata nel periodo 2009-2012) per spostarsi in uno come quello di Spoleto (1.774 giorni di durata media stimata nel periodo 2009-2012), i tempi di consegna di un appalto in regola si riducono del 10 per cento rispetto alla durata prevista, mentre la durata degli appalti con ritardi cronici aumenta di un ulteriore 14 per cento. Per il cittadino, l’inefficienza del tribunale locale si traduce quindi in qualche giorno guadagnato per la fruizione di opere pubbliche che sarebbero comunque state consegnate nei tempi previsti o con lieve ritardo, e in un’ulteriore attesa per opere pubbliche il cui completamento ha già richiesto più del doppio della durata prevista nel contratto.
Considerando che gli appalti pubblici in Italia rappresentano il 10,4 per cento del Pil e il 21,4 per cento della spesa pubblica, le nostre stime rappresentano un ulteriore argomento a supporto dell’urgenza di una riforma organica della giustizia civile in Italia, che conduca a una riduzione dei tempi di processi. Va sottolineato che il nostro studio considera unicamente la giustizia civile di primo grado, che è competente per controversie tra stazione appaltante e società appaltatrice all’interno dell’esecuzione del contratto. Ma il funzionamento degli appalti pubblici può dipendere anche dall’efficienza della giustizia amministrativa, che è invece chiamata a pronunciarsi (soprattutto) sulla fase di aggiudicazione dell’appalto. Di recente si è discusso dell’opportunità di un riequilibrio tra la tutela costitutiva di annullamento, di competenza amministrativa, e il risarcimento, di competenza del giudice civile. Se questo fosse uno degli strumenti per velocizzare le procedure di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti, una giustizia civile efficiente diventerebbe ancora più importante. Da lavoce.info, di Gianpiero Mattera e Carlo Menon