Gli incarichi dirigenziali non possono consistere nella mera decisione fiduciaria del vertice politico; vanno rispettate le percentuali di incaricati esterni imposti dalla legge; il reperimento di dirigenti esterni deve essere preceduto dalla programmazione triennale delle assunzioni e dalla seria verifica dell’assenza di professionalità interne, non solo di qualifica dirigenziale, ma anche di funzionari di categoria D. È con queste motivazioni che il Consiglio di stato, Sezione V con la sentenza 17 luglio 2017, n. 4600 azzera gli incarichi dirigenziali attribuiti nel 2015 dalla regione Lazio, respingendo il ricorso proposto da detta regione contro le decisioni del Tar Lazio, che avevano accolto le ragioni del sindacato Direr-Lazio.
Procedura di nomina
Gli incarichi sono risultati viziati, in primo luogo, perché istruiti dal segretario generale della regione (per altro anch’esso di nomina esterna e fiduciaria), in contrasto con i regolamenti interni, che ne facevano espresso divieto. Non solo. Palazzo Spada mette in evidenza come il segretario generale non abbia nella realtà compiuto la, invece, obbligatoria valutazione tecnica dei requisiti dei dirigenti interni per l’assegnazione degli incarichi di ruolo, rimettendo in toto la scelta al presidente della regione, in violazione dei principi di separazione tra politica e gestione.
Percentuale di dirigenti esterni
All’epoca dei provvedimenti censurati, la regione Lazio (per altro in chiarissimo contrasto con le previsioni del dlgs 165/2001 che riservano alle sole amministrazioni statali la suddivisione della dirigenza in due fasce) prevedeva due fasce dirigenziali, una prima apicale ed una seconda.Tuttavia, la regione ha attivato il reclutamento di dirigenti esterni senza rispettare le distinte percentuali, che, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001, sono del 10% per i dirigenti di prima fascia (la regione poteva assumerne 2, invece ne ha chiamati 6) e dell’8% per la seconda fascia (la regione poteva assumerne 19, ne ha chiamati 42).Il Consiglio di stato ha chiarito una volta e per sempre che le due percentuali non possono sommarsi, né il numero possibile di dirigenti assumibili a contratto ai sensi del comma 6 dell’articolo 19 del dlgs 165/2001 si può sommare al numero dei dirigenti assumibili ai sensi del precedente comma 5-bis, relativo al personale in comando.
Programma triennale
La sentenza evidenzia che gli incarichi a contratto siano stati attivati senza un’adeguata programmazione triennale ed annuale del fabbisogno di risorse umane. Palazzo Spada richiama precedente propria giurisprudenza (Cons. Stato, VI, 2228 del 2012) secondo la quale il reclutamento del personale deve avvenire nel rispetto delle procedure vigenti, e cioè sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale, mediante procedure che garantiscano in misura adeguata l’accesso dall’esterno e con adeguata pubblicità della selezione.
Professionalità interne
Gli incarichi a contratto, conclude Palazzo Spada, possono legittimamente essere conferiti ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001 dopo aver accertato che la professionalità richiesta non sia rinvenibile «nei ruoli». Spiega la sentenza che «la ricerca all’esterno deve seguire l’accertamento del possesso dei requisiti richiesti in capo a soggetti già appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione e, quindi, anche tra i funzionari direttivi di categoria D, in caso di vacanza in organico di personale dirigenziale. In questo senso depone l’uso del plurale «ruoli» sicché, la norma va riferita sia al ruolo dirigenziale (che va sondato in via principale) che a quello del personale direttivo (che va preso in considerazione in via subordinata)».da “Italia Oggi”