LA P.A. LENTA RISPONDE DUE VOLTE. LA RESPONSABILITÀ È DIRIGENZIALE. MA ANCHE DISCIPLINARE

Adottare tardivamente un provvedimento amministrativo dopo la formazione del silenzio assenso non solo non è consentito, ma può determinare una serie di responsabilità, da quella dirigenziale a quella disciplinare. Il decreto legge 76/2020 (dl semplificazioni, all’esame delle Camere per la conversione in legge) è tornato sulla questione ancora irrisolta del rispetto dei termini dei procedimenti amministrativi, allo scopo di assicurare maggiore speditezza e certezza dell’azione amministrativa. Il decreto semplificazioni vuole risolvere, in particolare, il problema della formazione tacita dei provvedimenti e della possibile adozione di provvedimenti espressi, ma adottati successivamente alla scadenza dei termini, che dà luogo appunto alla loro formazione implicita. Per questa ragione, è stato introdotto nell’articolo 2 della legge 241/1990 il nuovo comma 8-bis, ai sensi del quale «le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, ovvero successivamente all’ultima riunione di cui all’articolo 14-ter, comma 7, nonché i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti, di cui all’articolo 19, comma 3 e 6-bis, adottati dopo la scadenza dei termini ivi previsti, sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni». Un provvedimento, quindi, adottato dopo la formazione del silenzio è inefficace, cioè privo della forza giuridica di modificare l’esito del silenzio assenso stesso, consistente nell’accoglimento dell’istanza o del consolidamento della dichiarazione certificata di inizio attività. L’inerzia dell’amministrazione se da un lato giustifica la formazione tacita del provvedimento, dall’altro non tollera che si possa ledere l’affidamento del cittadino sulla formazione tacita di un provvedimento a sé favorevole, ammettendo una decisione tardiva. La pubblica amministrrazione può intervenire solo allo scopo di annullare (ai sensi dell’articolo 21-nonies della legge 241/1990) il provvedimento o il titolo tacitamente formati, se rilevi e motivi violazioni di legge conseguenti. La norma introdotta dal dl 76/2020 ha lo scopo di disincentivare le pubbliche amministrazioni a restare a guardare e lasciar trascorrere i termini. È un rafforzativo del precetto fondamentale contenuto nell’articolo 2, comma 1, della legge 241/1990: «Ove il procedimento consegua obbligatoriamente a un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso». Una misura organizzativa generale volta a indicare agli uffici di lasciar correre diffusamente i termini dei procedimenti si rivelerebbe una violazione dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento esplicito. Le pubbliche amministrazioni debbono essere consapevoli che la formazione tacita di titoli o il silenzio assenso sono un rimedio straordinario alla loro inerzia, finalizzato a non penalizzare il privato. E non debbono dimenticare che per quanto il titolo giuridico si formi egualmente, ai sensi dell’articolo 2, comma 9, della legge 241/1990, «la mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente». Quindi, anche se il silenzio assenso scongiura il danno da ritardo, comunque non mette al riparo il dirigente e la struttura diretta dal dovere di rispondere della propria inerzia, che costituisce indice evidente di problemi di efficienza (da qui l’incidenza sulla valutazione individuale) e presupposto per avviare l’azione disciplinare, indispensabile se la formazione del titolo tacito sia frutto in particolare di una gestione disattenta e lassista, alla quale la riforma del dl 76/2020 non permette più di porre rimedio tardivamente. tratto da Italia Oggi

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