FAMIGLIE ITALIANE: LE CONSEGUENZE SOCIALI DELL’EPIDEMIA DI COVID-19

Nei primi sei mesi del 2020 il PIL è caduto di circa il 12% rispetto all’anno prima, quasi il doppio di quanto avvenuto nel primo semestre del 2009 al culmine della crisi finanziaria globale. Tra dicembre e giugno, il numero degli occupati è calato di 559 mila unità e il numero di ore lavorate in media alla settimana è diminuito da 34,3 a 30,6, dopo essere sceso sotto le 23 ore durante il lockdown. Questa eccezionale contrazione dell’attività si è riflessa solo in parte sui redditi familiari grazie ai massicci trasferimenti pubblici. Tra marzo e luglio, il Governo ha varato misure a sostegno del reddito dei lavoratori e delle famiglie per 28,6 miliardi, un ammontare pari al 7,3% delle prestazioni sociali monetarie e al 2,5% del reddito disponibile delle famiglie nel 2019. Il decreto di agosto ha stanziato altre risorse.

Gli effetti dell’epidemia sono stati pesanti e diffusi, ma non gli stessi per tutti. L’occupazione si è ridotta del 7,1% tra i giovani, del 2,5% tra i lavoratori di età compresa tra i 35 e i 49 anni, è leggermente aumentata tra quelli con 50 e più anni (fig. 1). Soprattutto per effetto della composizione settoriale, diversamente dal passato il calo ha interessato più le donne degli uomini. La diminuzione dell’occupazione ha riguardato per tre quarti lavoratori dipendenti con contratto a termine. Nella media del primo semestre, il calo delle ore di lavoro settimanali dei lavoratori autonomi è stato il doppio di quello dei lavoratori dipendenti. Durante il lockdown, i redditi da lavoro sono diminuiti di più tra le famiglie con redditi bassi, tra le quali sono più frequenti gli occupati nei settori oggetto dei provvedimenti di limitazione dell’attività produttiva o in mansioni non effettuabili a distanza il reddito familiare si è ridotto per metà delle persone, anche tenendo conto del sostegno economico pubblico eventualmente ricevuto; per un terzo la riduzione è stata superiore al 25%.

Secondo le simulazioni disponibili, i trasferimenti pubblici hanno mitigato l’aumento della disuguaglianza dei redditi. Vi è stato tuttavia un rimescolamento lungo la scala dei redditi che non è colto dagli indici di disuguaglianza. Molti lavoratori sono stati colpiti dalle limitazioni all’attività, nel commercio, nel turismo, nei servizi alla persona; altri hanno avuto la possibilità di svolgere il proprio lavoro a distanza o nei settori definiti essenziali. In entrambi i gruppi, rientrano individui con redditi fortemente diversi. I lavoratori impiegati nei settori essenziali non hanno presumibilmente subito cadute del reddito, ma questa categoria comprende sia i riders e gli operai della logistica, a un estremo, sia i dirigenti pubblici o bancari, all’altro estremo. Le disuguaglianze non riguardano solo il reddito: alcuni occupati nei settori essenziali sono poco esposti al rischio di contrarre la malattia Covid-19, mentre altri, dai riders ai medici, lo sono in maniera considerevole. La mortalità dovuta alla malattia è assai più alta nella popolazione anziana.

Ripercussioni di più lungo periodo. È ragionevole supporre che alcune tendenze che si sono manifestate in questi ultimi mesi abbiano ripercussioni durature. L’esperienza recente può frenare il processo di globalizzazione, sommandosi a spinte protezionistiche già in atto. È possibile che le filiere produttive globali si accorcino e che diminuisca la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di beni essenziali, come si è visto per i medicinali. Gli effetti positivi del rientro di alcune produzioni sarebbero controbilanciati da una riduzione dei benefici associati alla specializzazione produttiva e alla diversificazione delle reti dei fornitori. Le restrizioni agli spostamenti delle persone per contenere i rischi di contagio potrebbero modificare norme e comportamenti, limitando i flussi migratori e turistici. È anche prevedibile che acceleri il ricorso alle tecnologie digitali, che si è rivelato essenziale per attenuare gli effetti negativi della pandemia. La rapida diffusione del lavoro a distanza e degli acquisti online può influenzare permanentemente i comportamenti delle imprese e delle persone, modificando l’organizzazione del lavoro, la struttura della distribuzione commerciale, l’organizzazione della rete dei trasporti, la fornitura di servizi pubblici, il mercato immobiliare. Alcune conseguenze potranno essere positive, come una più facile conciliazione tra lavoro ed esigenze familiari o un recupero delle aree interne; altre andranno monitorate con attenzione, dal potenziale impoverimento dei centri storici delle grandi città al rischio che il potere di mercato si concentri sempre più nelle mani di pochi grandi operatori. Questi e gli altri cambiamenti innescati dalla pandemia avranno conseguenze di rilievo sulla struttura sociale e produttiva, modificando il quadro delle disuguaglianze rispetto a quelle preesistenti e a quelle emerse nei mesi passati nella fase acuta della crisi.

Vecchie e nuove povertà e la rete di protezione sociale italiana. Molte delle fasce di popolazione più colpite dalla crisi erano a rischio di povertà già prima del coronavirus, come i giovani o i lavoratori a termine. È noto che tale rischio è assai più elevato per chi vive in famiglie in cui il lavoro è interamente prestato in attività precarie e temporanee rispetto a chi appartiene a famiglie in cui vi sono prevalentemente impieghi di tipo tradizionale7. Anche le famiglie più numerose hanno una probabilità più alta di essere povere: per molte, all’insufficienza di reddito si è aggiunta l’inadeguatezza di strumenti (computer, connessione internet) e ambienti adatti all’istruzione a distanza dei figli. È un altro esempio dell’importanza di un’analisi multidimensionale delle conseguenze sociali dell’epidemia. Ciò che la pandemia ha reso evidente ancor più che in crisi precedenti è il ruolo fondamentale del risparmio nell’attutire cadute estreme e repentine del reddito. Nel quinto più povero della popolazione, nel 2016 l’80% delle persone che vivevano in una famiglia con persona di riferimento di età inferiore a 65 anni non aveva risparmi sufficienti per rimanere al di sopra della soglia di povertà per più di nove settimane. In assenza di attività finanziarie liquide può essere arduo mantenere standard di vita accettabili, rendendo necessarie misure straordinarie quali l’indennità Covid-19 per i lavoratori autonomi e parasubordinati o il reddito di emergenza. Più che cercare di individuare i “nuovi poveri” su cui calibrare interventi specifici, è tuttavia necessario riflettere sul disegno complessivo della rete di protezione sociale italiana. Così come negli anni Settanta le difficoltà del sistema mutualistico portarono alla creazione del Sistema Sanitario Nazionale di carattere universalistico, l’auspicio è che la crisi spinga a superare l’attuale impostazione “categoriale” in favore di tutele sociali universali commisurate ai bisogni delle persone, indipendentemente dalla loro appartenenza a una determinata categoria di popolazione.

Conclusione. In larga misura gli effetti dell’epidemia hanno riprodotto disuguaglianze preesistenti, colpendo chi ha occupazioni precarie e temporanee, maggiormente i giovani e presumibilmente gli stranieri, ma hanno coinvolto anche attività autonome più tradizionali, in modo grave e diverso dal passato; hanno generato nuove forme di disuguaglianza. La valutazione delle ripercussioni distributive e sociali richiederà, quando avremo più dati, un’analisi a grana fine, attenta alle molteplici dimensioni del benessere. Quanto gli effetti sulle condizioni di vita delle persone nel 2020 si tradurranno in conseguenze più durature dipenderà dalla capacità di ripresa del Paese.

da neodemos.info

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