L’art. 111, D.L. 14 agosto 2020, n. 104, cd. decreto “Agosto”, varato per contenere le misure urgenti per il sostegno il rilancio dell’economia a seguito dell’emergenza sanitaria COVID-19 e al conseguente lockdown che ha colpito il nostro Paese, dispone rilevanti novità in materia di modifica della disciplina del versamento diretto delle entrate degli enti locali.
Cosa prevede la legge di Bilancio 2020
Occorre preliminarmente ricordare che la legge di Bilancio 2020 (art. 1, commi 786–815 della L. n. 160 del 2019) ha riformato la riscossione degli enti locali, con particolare riferimento agli strumenti per l’esercizio della potestà impositiva, fermo restando l’attuale assetto dei soggetti abilitati alla riscossione delle entrate locali.
In sintesi, il provvedimento, dal 1° gennaio 2020, ha:
– modificato la disciplina del versamento diretto delle entrate degli enti locali, prevedendo che tutte le somme a qualsiasi titolo riscosse appartenenti agli enti locali affluiscano direttamente alla tesoreria dell’ente;
– disciplinato in modo sistematico l’accesso ai dati da parte degli enti e dei soggetti affidatari del servizio di riscossione;
– introdotto anche per gli enti locali l’istituto dell’accertamento esecutivo, sulla falsariga di quanto già previsto per le entrate erariali (cd. ruolo), che consente di emettere un unico atto di accertamento avente i requisiti del titolo esecutivo; l’accertamento esecutivo opera, a partire dal 1° gennaio 2020, con riferimento ai rapporti pendenti a tale data;
– novellato la procedura di nomina dei funzionari responsabili della riscossione;
– in assenza di regolamentazione da parte degli enti, disciplinato puntualmente la dilazione del pagamento delle somme dovute;
– istituito una sezione speciale nell’albo dei concessionari della riscossione, cui devono obbligatoriamente iscriversi i soggetti che svolgono le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate locali;
– previsto la gratuità delle trascrizioni, iscrizioni e cancellazioni di pignoramenti e ipoteche richiesti dal soggetto che ha emesso l’ingiunzione o l’atto esecutivo.
In particolare il comma 786, dell’art. 1, della legge di Bilancio 2020, modifica la disciplina del versamento delle entrate degli enti locali, novellando nel dettaglio l’art. 2-bis, comma 1, del D.L. n. 193 del 2016. Tale norma chiarisce che il versamento spontaneo delle entrate tributarie dei comuni e degli altri enti locali deve essere effettuato direttamente sul conto corrente di tesoreria dell’ente impositore ovvero sui conti correnti postali ad esso intestati, o mediante il sistema dei versamenti unitari (F24, di cui all’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241) o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili dagli enti impositori. Con la soppressione della parola “spontaneo” si prevede che tutte le somme a qualsiasi titolo riscosse appartenenti agli enti locali affluiscano direttamente alla tesoreria dell’ente. Inoltre, tra gli strumenti a disposizione del soggetto passivo per il versamento delle somme dovute si aggiunge anche la piattaforma PagoPA, di cui all’art. 5, del D.Lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’Amministrazione digitale). E’ chiarito che i versamenti effettuati alle società miste pubblico-private, affidatarie delle attività di accertamento e riscossione delle entrate dell’ente locale (di cui all’art. 52, comma 5, lettera b) punto 4), sono equiparati a quelli effettuati direttamente a favore dell’ente affidatario. Il richiamato art. 52, comma 5, lettera b), al punto 4, fa riferimento alle società miste pubblico-private (art. 113 TUEL) iscritte nell’albo dei soggetti affidatari della gestione delle entrate locali, i cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e dei princìpi comunitari, tra i soggetti iscritti all’albo ovvero tra operatori comunitari (in presenza delle condizioni di legge), a condizione che l’affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica. Il comma 788, della citata legge di Bilancio 2020, integra l’art. 53, del D.Lgs. n. 446 del 1997, che istituisce l’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, al fine di chiarire che il versamento delle entrate degli enti locali non può essere effettuato a favore degli affidatari del servizio di riscossione delle entrate locali (soggetti individuati dall’art. 52, comma 5, lettera b) del D.Lgs. n. 446 del 1997). Tale limitazione vale per tutte le società miste pubblico-private iscritte nell’albo dei soggetti affidatari della gestione delle entrate locali di cui al richiamato art. 52, comma 5, lettera b), ai punti 1-2-3; vengono escluse dalla limitazione le società pubbliche affidatarie di tali servizi (di cui al punto 4), affinché possano continuare a incassare direttamente le entrate di loro competenza.
Le società in house
La società in house è una società dotata di autonoma personalità giuridica che presenta connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione ad un “ufficio interno” dell’ente pubblico che l’ha costituita, una sorta di longa manus; non sussiste tra l’ente e la società un rapporto di alterità sostanziale ma solo formale. Per l’individuazione dell’in house sono richiesti adesso tre requisiti: 1) controllo analogo; 2) oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata deve essere effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante; 3) partecipazione totalitaria. Il controllo cd. analogo è un elemento centrale della fattispecie in house, in quanto si caratterizza per la particolare incisività, effettività e concretezza del suo esercizio. Infatti, esso si manifesta con una intensità tale da risultare incompatibile con la presenza di “ampi poteri di gestione” da parte dell’organo amministrativo, in tal modo delineando un rapporto di subordinazione gerarchica tra esso e l’ente pubblico socio (Corte di Giustizia CE, 13 ottobre 2005, C- 458/03, punto 67-68). Ai fini dell’in house, l’espressione “controllo” non starebbe ad indicare l’influenza dominante che il titolare della partecipazione maggioritaria (o totalitaria) è in grado di esercitare sull’assemblea della società, ma individuerebbe “un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell’ente con modalità e con un’intensità non riconducibili ai diritti e alle facoltà che normalmente spettano al socio (fosse pure socio unico) in base alle regole dettate dal codice civile, e sino a punto che agli organi della società non resta affidata nessuna autonoma rilevante autonomia gestionale” . Il D.Lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), stabilisce, in linea con quanto prescritto dalle direttive comunitarie , che gli statuti delle società in house debbano prevedere che “oltre l’ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci”, ma, innovando rispetto ad esse, consente che “la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economia di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società”.
La novità prevista dal decreto “Agosto”
Con le modifiche introdotte dal decreto “Agosto” si dispone che sono equiparati ai versamenti effettuati direttamente a favore dell’ente affidatario quelli effettuati alle cd. società interamente pubbliche che esercitano in house l’attività di riscossione delle entrate locali (di cui all’art. 52, comma 5, lettera b, punto 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997). Si tratta della società a capitale interamente pubblico affidatarie del servizio di riscossione mediante convenzione, a condizione che:
– l’ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;
– la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la controlla;
– svolga la propria attività solo nell’ambito territoriale di pertinenza dell’ente che la controlla.
Per effetto delle norme in esame sono conseguentemente esclusi da tale equiparazione, e dunque dalla disciplina del versamento diretto, i versamenti effettuati alle società miste pubblico-private, affidatarie delle attività di accertamento e riscossione delle entrate dell’ente locale (di cui all’art. 52, comma 5, lettera b) punto 4).
E’ di conseguenza modificato il contenuto nel comma 788, dell’art. 1, della legge di bilancio 2020. Il comma 788, chiarisce che il versamento diretto delle entrate degli enti locali non può essere effettuato a favore degli affidatari del servizio di riscossione delle entrate locali (soggetti individuati dall’art. 52, comma 5, lettera b) del D.Lgs. n. 446 del 1997). Con le modifiche in esame, la limitazione viene applicata a tutte le società miste pubblico-private iscritte nell’albo dei soggetti affidatari della gestione delle entrate locali di cui al richiamato art. 52, comma 5, lettera b), ai punti 1-2-4; sono quindi escluse dalla limitazione le società pubbliche affidatarie di tali servizi (di cui al punto 3, comma 5, lettera b, dell’art. 52, del D.Lgs. n. 446 del 1997), affinché possano continuare a incassare direttamente le entrate di loro competenza. da quotidianopa.leggiditalia.it, di Federico Gavioli