IL CONSIGLIERE COMUNALE IN CONFLITTO D’INTERESSI, ANCHE SOLO POTENZIALE, DEVE ASTENERSI DALLA DELIBERAZIONE

In forza dell’art. 78 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 («Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali»): a) sussiste un dovere generale di astensione – il cui fondamento risiede nel principio costituzionale dell’imparzialità dell’azione amministrativa sancito dall’art. 97 Cost. – in capo ai consiglieri comunali che versino in una situazione di conflitto di interessi, sia questo reale o potenziale (fermo restando che, nel caso di «provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici», occorre «sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado»); b) tale dovere si configura per il solo fatto che i soggetti de quibus siano portatori di interessi divergenti rispetto a quello affidato alle cure dell’organo consiliare, a nulla rilevando che lo specifico fine privato sia stato o meno realizzato e che si sia prodotto o meno un concreto pregiudizio per l’Amministrazione; c) detto dovere impone al consigliere di allontanarsi dalla seduta prima della discussione e dell’approvazione della delibera, in modo da evitare qualunque forma di condizionamento dell’assemblea; d) il concetto di “interesse” comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali che comporti una tensione della volontà verso una qualsiasi utilità che possa ricavarsi dal contribuire all’adozione di una delibera (riforma in parte TAR Abruzzo, sent. n. 432/2011).

da eius.it

Consiglio di Stato, Sentenza 10 settembre 2020, n. 5423

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