Nel luglio scorso è stata adottata la Strategia Nazionale per le Competenze Digitali. Ora, a distanza di cinque mesi, è stato pubblicato anche il Piano operativo. Cosa cambia con questo nuovo documento? Perché è così importante? Ne abbiamo parlato con Giuseppe Iacono, Coordinatore attività del progetto Repubblica Digitale (l’iniziativa strategica nazionale promossa dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri), che spiega: “Il Piano Operativo costituisce la declinazione operativa della Strategia, che ne permette l’attuazione, il monitoraggio e l’evoluzione. Il Piano indica infatti le azioni di sistema per l’attuazione delle linee di intervento definite nella Strategia e individua gli obiettivi, misurabili, perseguiti per ogni azione nell’ambito di ciascun asse di intervento. Con il Piano, uno strumento operativo dinamico, iniziamo a tracciare in dettaglio il percorso utile per raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti”.
Il Piano è stato anticipato il 2 e 16 dicembre scorsi – nel corso di un evento internazionale organizzato con la Digital Skills and Jobs Coalition della Commissione europea, la rete europea che aggrega le realtà attive nel contrasto al digital divide e a cui partecipa anche la Coalizione italiana – ed è stato poi pubblicato integralmente il 23 dicembre. Individua oltre 100 azioni da realizzare e fissa, in particolare, degli obiettivi da raggiungere entro il 2025, una data tutt’altro che lontana. Ma quali sono le azioni irrinunciabili, quelle da cui dovremmo partire per realizzare poi il piano nel suo complesso? “Non può esistere una logica di consequenzialità o pensare che si possa procedere solo su alcune azioni – risponde Iacono – perché è l’insieme delle azioni che permette di affrontare un tema complesso e ampio come quello dello sviluppo delle competenze digitali nel ciclo dell’istruzione e della formazione superiore, nel lavoro, nel settore ICT, nella cittadinanza tutta e nel contempo abbattendo esclusione digitale e divario di genere. Certamente alcune azioni hanno maggiore impatto sulle condizioni di successo e quindi avere dei ritardi su queste può avere un’influenza negativa sull’impatto complessivo: ad esempio (ma non sono le sole), quelle legate al dispiegamento del Piano BUL nella scuola, alla formazione dei docenti per scuole e università, ai requisiti di competenze digitali per il reclutamento del personale della PA, allo sviluppo coerente e integrato di Competence Centers, Digital Innovation Hub (Dih), European Digital Innovation Hub (Edih), Punti Impresa Digitale (PID), o ai servizi di facilitazione digitale dei cittadini”.
Come si è arrivati alla versione finale del Piano operativo? Come evidenziato sulla pagina di progetto, il Piano è stato “elaborato in un’ottica corale, con la regia del Comitato Tecnico Guida di Repubblica Digitale, coordinato dal MID tramite il Dipartimento per la trasformazione digitale, mettendo sullo stesso tavolo, Ministeri, Regioni, Province, Comuni, Università, istituti di ricerca, imprese, professionisti, Rai. Il processo ha coinvolto anche associazioni e varie articolazioni del settore pubblico oltre che le organizzazioni aderenti alla Coalizione Nazionale e ha tenuto conto dei primi contributi raccolti attraverso parteciPa, la piattaforma del Governo dedicata ai processi di consultazione e partecipazione pubblica”. Insomma, un processo aperto, partecipato e collaborativo, che anche in futuro vedrà un ruolo importante per gli aderenti alla Coalizione nazionale, come evidenzia Iacono: “Il ruolo della Coalizione è stato, è e sarà sempre fondamentale sviluppandosi, con sempre maggiore incisività, su tre aree: l’evoluzione della Strategia e del Piano, con contributi, proposte e valutazioni; il conseguimento degli obiettivi, grazie alle iniziative promosse dalle diverse organizzazioni aderenti e rispetto alle quali saranno sempre di più stimolate sinergie sia all’interno della Coalizione che con le azioni di sistema istituzionali; la definizione delle azioni di sistema, che si basano sulla valorizzazione delle singole iniziative di successo delle organizzazioni, scalandole a livello nazionale. Per questa ragione è importante che tutte le iniziative significative aderiscano a Repubblica Digitale e ne facciano attivamente parte: per raggiungere gli obiettivi di rapido recupero che ci siamo posti, non possiamo permetterci di disperdere o non valorizzare competenze ed esperienze”.
Un tema centrale nel Piano è quello del monitoraggio delle azioni individuate, che prevede un due livelli:
- il primo relativo ai risultati delle azioni, rispetto alle principali milestone e agli indicatori di risultato con i relativi valori obiettivo;
- il secondo relativo all’impatto prodotto, sulla base del cruscotto definito con circa 60 indicatori. Il cruscotto è basato sugli indici inseriti nel Digital Economy and Society Index (DESI) della Commissione Europea e sui Digital Maturity Indexes (DMI) elaborati dall’Osservatorio Agenda Digitale.
“Semestralmente si procederà alla valutazione dei risultati delle azioni, per individuare eventuali interventi di miglioramento e poi, annualmente, a una valutazione relativa agli impatti, sulla base dei dati rilevati – sottolinea Iacono -. Il Piano avrà quindi una sua evoluzione periodica per assicurare il raggiungimento degli obiettivi fissati”
Il Piano nel suo complesso abbraccia tutti i settori della società e non poteva mancare, naturalmente, un focus specifico sul mondo della pubblica amministrazione, presente all’Asse di intervento 2 (Forza lavoro). Le azioni individuate per la PA rispondono alle priorità definite nella Strategia:
- favorire l’assunzione di dirigenti preparati ad accogliere e gestire la trasformazione digitale della PA;
- rendere la Pubblica Amministrazione più attrattiva rispetto a risorse ad alto potenziale in ambiti connessi all’innovazione e al digitale;
- favorire la creazione di una cultura condivisa sull’innovazione e la digitalizzazione a tutti i livelli dell’amministrazione e accrescere le professionalità di chi già lavora nella PA.
“Le azioni del Piano per il mondo pubblico – conclude Iacono – vogliono incidere su una situazione che è di ritardo su più fronti, dalle nomine dei RTD (parziali e non sempre con competenze allineate ai requisiti della norma), ai requisiti nei percorsi di selezione (in cui le competenze digitali erano quasi del tutto assenti), alla qualificazione (secondo dati 2018 del Mef solo il 38% del personale pubblico ha conseguito un titolo universitario e il 3% un titolo post-laurea), e all’età del personale, con scarsi investimenti in formazione. Il cambiamento culturale, che può avere grandi giovamenti dall’accelerazione in atto sul fronte dell’adozione del lavoro agile, è la condizione di successo e la grande sfida. Per attuarlo è necessario realizzare azioni che agiscano sui diversi livelli dell’amministrazione e con focus sia sui nuovi inserimenti che sul personale che già lavora nella PA”.
da forumpa.it
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