L’istituzione di un ministero per la transizione ecologica da parte del Governo Draghi ha riportato alla ribalta la questione della sostenibilità ambientale. Un argomento passato in secondo piano nell’ultimo anno a causa della pandemia, ma che ormai è diventato una dimensione strategica a tutti i livelli, da quello internazionale a quello locale, soprattutto in relazione al tema urgente del mutamento climatico. Si conferma, pertanto, la necessità di promuovere un sempre maggiore ricorso a fonti rinnovabili di energia. Un obiettivo promosso a livello europeo e che vede il nostro Paese a buon punto, anche se la strada verso l’indipendenza dalle fonti energetiche di origine fossile è ancora lunga. Ricordiamo a questo proposito che l’installazione di cave, miniere e torbiere è competenza delle amministrazioni locali, così come l’armonizzazione di questi insediamenti con l’assetto urbanistico del territorio e la tutela dell’ambiente. In Lombardia nel 2018, ad esempio, sono stati estratti da cave quasi 12 milioni di metri cubi di risorse naturali, in Piemonte 7,5 milioni e in Toscana 5,7. Al quarto posto la prima regione del sud, la Puglia, con 5,4 milioni di metri cubi estratti.
Una realtà, dunque, complessa e articolata, all’interno della quale gli enti locali possono giocare un ruolo importante, la cui dinamica operativa si evince dalla lettura dei bilanci. Non a caso, nella parte dedicata alle spese esiste una missione chiamata “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente”, comprendente la voce “Tutela, valorizzazione e recupero ambientale”. Questa prevede la possibilità per i Comuni d’investire nelle attività collegate all’ambiente naturale, compreso il ripristino di cave o miniere inattive. In questa voce figura anche la spesa, spesso impattante per i Comuni, per la manutenzione e la tutela del verde urbano, ma anche per i finanziamenti a sostegno delle associazioni che operano per l’ambiente, la redazione di piani e programmi per l’educazione ambientale, le valutazioni di impatto ambientale, il coordinamento con altri programmi comunitari, statali o regionali e gli oneri per la polizia provinciale. In essa non sono, invece, incluse le risorse destinate agli interventi per la promozione del turismo sostenibile, per la gestione di parchi e riserve naturali e per la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche.
Venendo ai casi concreti, ci accorgiamo che Bari è la città che spende di più per verde urbano e tutela dell’ambiente, tra i Comuni più popolosi del paese: 55,12 euro pro capite. Seguono tutte le città del centro e del nord: Padova (45,85), Firenze (45,34), Venezia (41,36) e Milano (37,65). Le grandi città che spendono di meno sono Napoli (18,31 euro pro capite), Messina (8,47) e Verona (6,29). Da notare, inoltre, che le città che hanno speso di più nel 2019 sono anche quelle che hanno incrementato gli investimenti negli ultimi 4 anni: Bari del 16,1%, Firenze del 20,6% e Padova addirittura del 90%. Nello stesso periodo si registrano, invece, diminuzioni a Venezia (-19,9%), che nel 2016 e 2017 era la grande città a spendere di più in Italia, e Milano (-1,5%). Paradossalmente, se estendiamo l’analisi a tutti Comuni del Belpaese, il primato per spesa per abitante va a due piccole località del Piemonte: Marmora (Cuneo) e Massello (Torino), che investono rispettivamente 3.174,28 euro e 2.953,93 euro pro capite. Sono però le amministrazioni comunali della Valle d’Aosta a spendere di più in media (80,02 euro pro capite), seguite da quelle della provincia autonoma di Trento (78,66) e della Sardegna (51,41). I Comuni che investono meno risorse nella valorizzazione dell’ambiente si trovano invece in Veneto (15,08 euro pro capite spesi in media dagli enti), Umbria (14,67) e Puglia (13,61), tutte al di sotto della media nazionale (26,13). Fonte: Openpolis