Vale 30,6 miliardi il cosiddetto Recovery domestico, che servirà a finanziare il superbonus, il piano Transizione 4.0 e alcune opere infrastrutturali che potranno essere realizzate anche oltre i sei anni previsti dal Piano nazionale ripresa e resilienza. Un fondo complementare, perchè ha regole di ingaggio simili al Recovery vero e proprio.
Ai 191,5 miliardi di fondi europei del Piano nazionale ripresa e resilienza si aggiungono 30,6 miliardi del Fondo Complementare, il cosiddetto Recovery domestico, in cui rientrano gli investimenti che non sono inclusi nel Recovery vero e proprio.
Il Recovery domestico segue il modello del piano comunitario, anche per sfruttare le semplificazioni procedurali previste dal Next Generation EU.
Come il cugino europeo, indicherà chiaramente milestones e target per ogni progetto, e le opere finanziate saranno soggette ad un attento monitoraggio, proprio come previsto per quelle finanziate dal Piano nazionale ripresa e resilienza.
Inoltre, utilizzerà le medesime procedure abilitanti del PNRR.
L’unico elemento che differenzia in modo rilevante i due strumenti riguarda gli obblighi di rendicontazione: per il Fondo Complementare, cioè, non è previsto nessun obbligo di rendicontazione a Bruxelles. Inoltre, in alcuni casi sarà data la possibilità di scadenze più lunghe rispetto al 2026. Per sapere di quali casi si tratti occorrerà aspettare l’approvazione definitiva del Recovery e del provvedimento che disciplina il fondo.
Sono in totale 31 i progetti di investimento finanziati dal Recovery domestico. Di questi gran parte riguardano gli interventi infrastrutturali, soprattutto per i trasporti.
Vi rientra poi il piano Transizione 4.0, che oltre ai quasi 14 miliardi dal Recovery può contare su 4,48 miliardi dal Fondo Complementare.
A questi si aggiungono 4,72 miliardi dedicati al superbonus 110%. Previsti inoltre investimenti per gli accordi per l’innovazione, l’efficientamento energetico e le aree terremotate.
da fasi.biz/it