Il trasporto pubblico locale (Tpl) è per una città quello che l’apparato circolatorio rappresenta per un essere umano: il benessere (economico e sociale) di un’area urbana dipende dalla sua efficienza, funzionalità, fluidità e capillarità. Un sistema di mobilità ottimale, in particolare, permette alle persone di spostarsi velocemente e agevolmente, fornendo maggiori possibilità di scelta su dove risiedere, consumare e lavorare. La centralità del Tpl nelle nostre città è confermata dal dibattito che si è acceso sul tema con la riapertura delle attività economiche e sociali durante la pandemia.
In Italia l’apparato circolatorio è vecchio e malandato. Nelle principali città, la sua qualità percepita è significativamente inferiore rispetto ai centri urbani degli altri paesi europei (figura 1a). A questo si associa un minore utilizzo dei mezzi pubblici per gli spostamenti e, di conseguenza, un livello di congestione del traffico, a parità di dimensione delle città, più elevato. Divari significativi sono presenti anche all’interno del paese. Il Centro e il Mezzogiorno si caratterizzano per livelli di soddisfazione significativamente inferiori a quelli del Nord (figura 1b); nelle regioni meridionali sono più basse sia la qualità che la quantità dei servizi offerti: ad esempio, è più elevata la quota di mezzi di trasporto vecchi e inquinanti e meno diffuso l’uso dei sistemi di infomobilità.
Cosa influenza i divari territoriali? Come è andato il Tpl alla prova del Covid? E quali scenari si possono delineare per il prossimo futuro? In un recente lavoro, che qui si pubblica, abbiamo provato a rispondere a queste domande.
I fattori istituzionali
Il trasporto locale può essere gestito da operatori di proprietà pubblica o privata, preferibilmente selezionati mediante procedure di confronto competitivo. Le caratteristiche degli affidatari e quelle delle procedure seguite sono un elemento cruciale per comprendere quali siano le cause di una diversa efficienza del Tpl nelle città italiane, tuttavia al riguardo non sono disponibili informazioni raccolte in modo sistematico. Abbiamo quindi estrapolato i dati sul contesto istituzionale studiando i contratti in essere nei comuni capoluogo di provincia.
Ne emerge una forte presenza pubblica: tra le società che gestiscono il servizio in questi centri, oltre il 70 per cento è controllato da enti pubblici. Per quanto riguarda i dati di bilancio, le società che operano nel Mezzogiorno sono più spesso in perdita, hanno una più elevata incidenza del costo del lavoro e una minore propensione agli investimenti. Tali risultati dipendono anche da una domanda di trasporto pubblico più bassa nelle città meridionali che, a sua volta, si riflette in fatturati più contenuti e margini di profittabilità più compressi: un avvitamento verso un cattivo equilibrio da cui è difficile uscire.
Contrariamente a quanto suggerito in letteratura e previsto dalla regolazione di settore, inoltre, un gran numero di affidamenti è stato effettuato senza un confronto competitivo ed è stato oggetto di proroga. Anche queste caratteristiche sono più marcate nelle regioni meridionali. A parità di area geografica, l’utilizzo di procedure meno competitive è negativamente correlato con indicatori di efficienza delle società.
Il Tpl alla prova della pandemia
I divieti agli spostamenti delle persone e le limitazioni volontarie dovute ai timori di contagio hanno inciso significativamente sulla mobilità e sull’utilizzo dei mezzi pubblici. In base ai dati di Google, che raccoglie le informazioni sugli spostamenti registrati dai nostri smartphone, il calo dell’utilizzo dei trasporti pubblici nel periodo tra marzo e dicembre del 2020 è stato di circa il 40 per cento rispetto ai primi mesi dell’anno; una diminuzione di entità analoga è stata registrata nei primi mesi del 2021 (figura 2).
Quest’andamento è attribuibile a diverse cause: non solo la riduzione degli spostamenti verso i luoghi di lavoro, a causa della chiusura delle attività e della maggiore diffusione dello smart working, ma anche le limitazioni alle attività scolastiche in presenza, una minore mobilità nel tempo libero e una parziale sostituzione dell’utilizzo dei mezzi pubblici a favore di quelli propri. Nonostante le risorse stanziate, poi, vincoli di natura regolamentare, finanziaria e organizzativa hanno pesato sulla capacità del sistema di adattarsi alle nuove esigenze.
Il Tpl nel dopo-pandemia
Nei prossimi mesi il comparto giocherà un ruolo cruciale per la ripresa economica e per rendere le città più vitali e funzionali.
Basti pensare all’importanza del Tpl per garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro, anche di fronte al forte aumento dei disoccupati e dei verosimili intensi processi di riallocazione degli occupati tra i settori produttivi. A parità di altre caratteristiche osservabili, infatti, vivere in un’area caratterizzata da più lunghi tempi di spostamento limita il raggio geografico di mobilità dell’individuo, restringendo il suo mercato del lavoro potenziale. Questo allunga i tempi di ricerca del lavoro per i disoccupati e aumenta il rischio di accettare occupazioni “di ripiego”, che richiedono livelli di istruzione più bassi rispetto a quello posseduto (figura 3).
Uno dei lasciti della pandemia sarà anche una maggiore diffusione dello smart working che potrebbe arrivare a riguardare il 40 per cento della forza lavoro nelle principali aree metropolitane, con conseguenze anche sulle scelte di residenza delle persone. Vi sarebbero ricadute significative sui livelli di domanda di Tpl e sulla sua distribuzione all’interno della giornata (o della settimana) e del territorio.
Il miglioramento del Tpl è uno dei fattori che possono concorrere a rendere le nostre città meno inquinate e più vivibili. Sappiamo che non è il solo: il progresso tecnologico contribuisce a ridurre l’impatto ambientale di tutte le forme di trasporto. Tuttavia, lo spostamento dalla mobilità individuale a quella collettiva costituisce senz’altro un importante strumento a favore della sostenibilità. Un servizio di trasporto locale più efficiente potrebbe consentire infatti di limitare il trasporto privato, generando a sua volta nuova domanda di Tpl (in molte aree del paese inferiore a quella potenziale).
Per rispondere alle sue croniche debolezze e alle mutate esigenze degli utenti, la fornitura del servizio dovrà evolversi rispetto a come la conosciamo oggi, diventando più sostenibile dal punto di vista ambientale (sostituendo la mobilità su gomma con quella su ferro, privilegiando soluzioni che utilizzano fonti di energia pulita e rinnovando il parco mezzi) e più flessibile e più integrata, grazie all’utilizzo delle tecnologie. Per raggiungere gli obiettivi non saranno sufficienti i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che pure sono necessari: gli interventi di riforma che li accompagneranno dovranno garantire l’efficiente regolazione e il miglioramento sia della governance del settore sia della selezione degli operatori che gestiscono il servizio.
da lavoce.info, di Sauro Mocetti e Giacomo Roma
TPL, passato, presente e futuri, Sauro Mocetti e Giacomo Roma_QEF_615_21_Banca d’Italia