Recovery plan: 9 miliardi per la rigenerazione urbana

Nel Piano nazionale per la ripresa e resilienza (PNRR) inviato qualche giorno fa a Bruxelles non potevano mancare cospicue risorse per la rigenerazione urbana delle città italiane. Tra valorizzazione in chiave green del nostro patrimonio pubblico edilizio e interventi di riduzione di  fenomeni di emarginazione e degrado sociale, infatti, la rigenerazione urbana gioca un ruolo chiave per avere un’Italia più sostenibile ed inclusiva.

Non sorprende quindi che la quota di fondi per la rigenerazione urbana (9,02 miliardi) sia la componente più cospicua di quegli 11,17 miliardi di euro destinati alle infrastrutture sociali dalla componente 2 della missione 5 (M5C2) del Piano.

Tre le linee di investimento previste sul tema dal Recovery plan:

  • Progetti di rigenerazione urbana volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale (3,30 miliardi)
  • Piani Urbani Integrati (2,92 miliardi)
  • Programma innovativo della qualità dell’abitare (2,8 miliardi).

A questi si aggiunge poi una riforma per il superamento degli insediamenti abusivi per il contrasto al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori.

Rigenerazione urbana contro emarginazione e degrado

Secondo i calcoli fatti dall’ANCI, l’unico dei tre capitoli di investimento ad aver perso qualcosa rispetto alla precedente versione del PNRR targata Conte (circa 200 milioni di euro), è quello volto a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale.

Ciò nonostante, le risorse restano cospicue. Parliamo infatti di 3,3 miliardi di euro finalizzati “a fornire ai Comuni (con popolazione superiore ai 15mila abitanti) contributi per investimenti nella rigenerazione urbana”, si legge nel documento inviato a Bruxelles proprio per “ridurre le situazioni di emarginazione e degrado sociale nonché di migliorare la qualità del decoro urbano oltre che del contesto sociale e ambientale”.

Diverse le tipologie di azione previste:

  • manutenzione per il riutilizzo e la rifunzionalizzazione di aree pubbliche e strutture edilizie pubbliche esistenti a fini di pubblico interesse (inclusa la demolizione di opere abusive eseguite da privati);
  • miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, anche attraverso la ristrutturazione edilizia di edifici pubblici, con particolare riferimento allo sviluppo di servizi sociali e culturali, educativi e didattici, o alla promozione di attività culturali e sportive;
  • interventi per la mobilità sostenibile.

Cosa prevede il Testo unificato sulla Rigenerazione urbana

Piani urbani integrati per le periferie

Con i suoi 2,92 miliardi di euro, invece, “l’intervento Piani urbani integrati è dedicato alle periferie delle Città Metropolitane e prevede una pianificazione urbanistica partecipata, con l’obiettivo di trasformare territori vulnerabili in città smart e sostenibili, limitando il consumo di suolo edificabile”, si legge nel testo.

Inoltre, con l’obiettivo di ricucire tessuto urbano ed extra-urbano (anche per colmare deficit infrastrutturali e di mobilità) il Piano prevede anche che “nel caso delle aree metropolitane si potranno realizzare sinergie di pianificazione tra il Comune “principale” ed i Comuni limitrofi più piccoli”.

Le misure potranno anche vedere la partecipazione di altri soggetti. In particolare, si legge nel documento, “gli interventi potranno (…) avvalersi della co-progettazione con il Terzo settore” nonché vedere “la partecipazione di investimenti privati nella misura fino al 30% con possibilità di far ricorso allo strumento finanziario del Fondo dei fondi BEI”.

Prevista, inoltre, una specifica linea di intervento che riguarda il recupero di soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo e per quello industriale.

Programma innovativo della qualità dell’abitare 

I restanti 2,8 miliardi di euro sono destinati, infine, a realizzare nuove strutture di edilizia residenziale pubblica, per ridurre le difficoltà abitative.

L’investimento si articola in due linee di intervento, da realizzare senza consumo di nuovo suolo:

  • riqualificazione e aumento dell’housing sociale, ristrutturazione e rigenerazione della qualità urbana, miglioramento dell’accessibilità e della sicurezza, mitigazione della carenza abitativa e aumento della qualità ambientale, utilizzo di modelli e strumenti innovativi per la gestione, l’inclusione e il benessere urbano;
  • interventi sull’edilizia residenziale pubblica ad alto impatto strategico sul territorio nazionale.

La selezione delle proposte di finanziamento avverrà attraverso vari indicatori per valutare l’impatto ambientale, sociale, culturale, urbano-territoriale, economico-finanziario e tecnologico-processuale dei progetti.

Cosa prevede il Programma per la qualità dell’abitare?

Riforma contro il caporalato

Come anticipato, in questo ambito è prevista anche una riforma. Si tratta del superamento degli insediamenti abusivi per il contrasto al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori.

A tal fine, si intende quindi realizzare interventi volti a identificare soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo non solo per motivi etici, ma anche perchè la nascita e lo sviluppo di insediamenti informali “creano un terreno fertile per l’infiltrazione di gruppi criminali”.

Per evitare che la riforma resti inattuata, il cronoprogramma prevede che entro i primi mesi del 2022 venga realizzata la mappatura degli insediamenti su cui intervenire.

Fonte: da fasi.biz

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