La Regione Emilia Romagna il 15 febbraio, il Piemonte il 26 febbraio, il Veneto il 2 marzo hanno approvato delibera di nuove “misure straordinarie” contro l’inquinamento dell’aria. Stavolta si deve fare sul serio, non si può più simulare. Perché? Perché il 10 novembre del 2020 la Corte di Giustizia europea ha condannato l’Italia per dieci anni di “violazione sistematica e continuata” delle norme sull’inquinamento in quasi tutta la pianura Padana e in numerose altre città: la regione Toscana ha imposto il blocco della circolazione degli Euro 4 diesel a Firenze. Anche la Regione Lombardia prima o poi si deciderà.
Le promesse non bastano più
Stavolta le promesse non bastano, come spiega bene la stessa delibera veneta: entro due mesi si deve comunicare quanto si intende fare e l’Europa chiederà periodiche verifiche. Se l’inquinamento non diminuirà, scatterà subito la sanzione pecuniaria che – questa volta – non si spalma su tutti gli italiani perché “lo Stato italiano potrà rivalersi sui soggetti responsabili”, comprese le “amministrazioni responsabili dell’infrazione”.
La Regione Veneto rischia una sanzione pari a “400-600 milioni”, tra quota fissa e quota giornaliera (si paga per ogni giorno di inquinamento). La Regione Lombardia non ci ha ancora detto quanto rischia, ma probabilmente di più del Veneto. A loro volta Stato e Regioni si rifaranno sui comuni. I morti per inquinamento non hanno smosso la politica per anni. Ma ora si tocca il portafoglio.
Misure severe: dalle automobili all’agricoltura
Ecco perché Emilia Romagna, Piemonte e Veneto hanno deciso di adottare misure severe: blocco della circolazione di tutti i veicoli sino agli Euro 1 (anche a gas) e sino Euro 3 diesel per fasce orarie, degli Euro 4 diesel e Euro 2 benzina dal 1ottobre 2021. In condizioni di emergenza di inquinamento dell’aria anche degli Euro 5 diesel (quelli dello scandalo “dieselgate”). E poi: rinnovo del trasporto pubblico con autobus elettrici (il metano, pur tollerato, inquina ormai come il gasolio). Obbligo di interramento concimi e coperture delle vasche liquami in agricoltura: l’allevamento intensivo è una delle cause di inquinamento e cambiamento climatico. Ed infine: efficienza e controlli nel riscaldamento degli edifici e così via. Probabilmente, tra poco, si “sveglierà” anche il presidente Attilio Fontana e, a cascata, di tutti i comuni interessati.
I comuni più avveduti stanno anticipando i tempi: Milano, Torino, Genova, Bologna o Mantova e Bolzano e tanti altri hanno cominciato a elaborare piani verso le “emissioni zero” con precisi obiettivi al 2030 e al 2050, come stanno facendo le principali industrie. Tutti sanno che Organizzazione mondiale della sanità e l’Europa stanno dimezzando i limiti di inquinamento. L’Europa, per prepararsi al vertice Onu sul clima a Glasgow di novembre, ha alzato l’ambizione: tagliare del 55% le emissioni entro il 2030 e ridurle a zero nel 2050. Sempre di più solo mezzi elettrici, pompe di calore e non più caldaie per riscaldare le abitazioni, pannelli solari su tutti i tetti. Ed infine dovremo cominciare a rendere a zero emissioni le strutture che in città consumano più energia, come i grandi centri commerciali.
Se non si trovano motivi sufficienti nella salute, nel benessere, nella solidarietà, facciamo almeno per soldi. Perché chi inquina respira male e, per giunta, paga.
Fonte: lanuovaecologia.it, di Andrea Poggio
Corte di giustizia dell’Unione europea_cp200136it