Sono 741.000 le assunzioni che la Pubblica amministrazione dovrà effettuare entro il 2025: a rivelarlo è l’indagine condotta dal “Sistema informativo per l’occupazione e la formazione” Excelsior, Unioncamere e Anpal.
I dati, diffusi nel corso del convegno “Pubblica amministrazione e impiego pubblico” organizzato dalla Corte dei Conti e dalla Provincia Autonoma di Trento, mostrano che 692.000 unità di personale sostituiranno i dipendenti che andranno in pensione, mentre le restanti 49.000 saranno aggiuntive.
Le due emergenze del pubblico impiego italiano: scarsità di personale ed età media elevata
È sufficiente fare un confronto con gli altri Paesi d’Europa, appartenenti o meno all’UE, per vedere come i 3,2 milioni di lavoratori pubblici italiani costituiscano appena il 13,4% del totale, mentre, ad esempio, nel Regno Unito raggiungono la soglia del 16%. L’altra emergenza è rappresentata dall’elevata età media dei lavoratori pubblici nostrani: il 55% dei dipendenti pubblici ha più di 55 anni contro il 37,3% del totale degli occupati, solo il 4,2% ha meno di 30 anni. L’età media è di 50,6 anni.
Qualifiche e formazione professionale
L’indagine, inoltre, rileva la scarsa qualificazione del personale: il 60 per cento dei dipendenti pubblici non è laureato e tra questi ultimi, due su tre, possiedono un titolo di studio nell’area giuridico-amministrativa. Sono rari i laureati nelle cosiddette materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica).
Il segretario di Unioncamere Giuseppe Tripoli, che ha presentato l’indagine, ha evidenziato il crollo degli investimenti dedicati alla formazione per i lavoratori della Pubblica amministrazione che nel 2008 erano 262 milioni di euro, mentre nel 2019 raggiungevano appena i 164 milioni, pari a 48 euro a testa per dipendente.
L’occasione del Recovery Plan
In questo contesto, le risorse messe a disposizione dal Recovery Plan potrebbero costituire la leva con la quale portare avanti un progetto di trasformazione e irrobustimento del comparto pubblico in Italia. Tripoli ha sottolineato i dati secondo i quali il 42% delle necessità di assunzioni della Pa sono rappresentate da “figure ad elevata specializzazione” e per il 21% da tecnici, con due terzi dei nuovi assunti che dovranno essere laureati. È necessario, sottolinea ancora Unioncamere, “individuare subito le competenze necessarie, puntare sulle soft skill oltre che sulle hard skill, introdurre percorsi innovativi per la selezione del personale e rivedere i sistemi di valutazione orientandoli al risultato e premiando quegli enti pubblici che hanno la determinazione di cogliere la sfida”.