Le conseguenze della pandemia sui giovani. Un report di Openpolis

Lo scoppio della pandemia ha avuto un forte impatto economico, creando un senso di forte incertezza lavorativa ed economica tra le persone. Questo sentimento ha avuto conseguenze anche sulla salute mentale degli europei.

Con lo scoppio della pandemia la vita quotidiana delle persone è stata modificata completamente, a causa delle restrizioni di movimento anti contagio messe in atto nel corso dell’anno. Una situazione che per molti ha significato grandi cambiamenti e ha generato molta ansia.

Eurofound, l’agenzia europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, ha condotto delle indagini, al fine di ricavare un quadro più chiaro su chi è stato maggiormente colpito dalle conseguenze della pandemia, e in che modo. I dati raccolti sono stati poi pubblicati in un dossier a febbraio 2020.

La pandemia ha colpito sull’occupazione

Uno degli aspetti importanti che l’indagine di Eurofound ha indagato è la disoccupazione durante la pandemia. In particolar modo, l’analisi ha approfondito come le quote di persone che hanno perso il lavoro nei primi mesi della pandemia varino in base al tipo di contratto stipulato con il lavoratore. Non solo, anche la fascia d’età e il genere sono due variabili che hanno influito molto sull’instabilità lavorativa in questo periodo.

Gli uomini giovani e le donne con più di 50 anni sono le categorie che hanno sofferto maggiormente dallo scoppio della pandemia.

Il sondaggio Eurofound, condotto tra aprile e maggio 2020, ha evidenziato un tasso di disoccupazione più elevato dall’inizio della pandemia tra i giovani rispetto alle altre fasce d’età, sia che si tratti di una situazione temporanea o permanente.

Tra gli intervistati uomini disoccupati, quelli appartenenti alla fascia d’età tra i 18 e 34 anni hanno la percentuale più elevata di contratti a tempo determinato pari al 24,2%. Questa percentuale cresce di 0,5 punti percentuali tra le donne con più di 50 anni.

24,7% le donne partecipanti al sondaggio con più di 50 anni con un contratto a tempo determinato che durante lo scoppio della pandemia hanno perso il lavoro.

La categoria intervistata con la percentuale di licenziamento più bassa è composta dagli uomini con più di 50 anni a tempo indeterminato pari al 4,6%. Tuttavia, questa quota aumenta considerevolmente se si considera la stessa categoria tra coloro che però hanno un contratto a tempo determinato (22,9%).

Tuttavia la pandemia ha influenzato anche coloro che non hanno perso il proprio lavoro.

21% degli intervistati a tempo determinati afferma che nei prossimi 3 mesi ritiene probabile perdere il lavoro.

Questa quota cala tra gli europei a tempo indeterminato di 14 punti percentuali.

La categoria che percepisce maggiormente la paura è quella delle donne tra i 35 e 49 anni con un contratto a tempo determinato, pari al 42%. La percentuale scende al 33% tra le donne con più di 50 anni. Si arriva al 19%, invece, tra gli uomini ultracinquantenni, dato che diminuisce al calare dell’età.

4% le donne intervistate tra i 35 e 49 anni a tempo determinato fanno parte della categoria che teme meno di perdere il proprio lavoro con la pandemia.

Rispetto a questi dati, è importante tenere conto del fatto che, come indicato nel rapporto di Eurofound, i contratti temporanei sono molto più comuni tra le persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni, rappresentando il 45,6% di tutti i contratti temporanei, rispetto al 12,1% di tutte le persone in età lavorativa (15-64). Infatti, se si considerano le persone oltre i 55 anni con un contratto temporaneo ammontano ad appena il 5,1%.

La pandemia ha inciso anche sulla salute mentale

Il benessere mentale è stato anche influenzato dalla pandemia Covid-19, a causa della mancanza di interazioni sociali causata dalle restrizioni di movimento adottate da molti paesi europei. Inoltre, anche l’incertezza lavorativa percepita dalle persone come dimostrato dai dati aumenta i livelli di stress che un individuo può sperimentare.

In generale, si può notare che a luglio le percentuali di persone che percepiscono ansia spesso diminuiscono rispetto a quelli che hanno dichiarato lo stesso nel mese di aprile 2020. Questa percentuale cala notevolmente tra gli intervistati con più di 50 anni. Infatti, se a aprile il 16% dichiarava di avere ansia nella maggior parte del tempo, questa quota cala fino al 10%.

Si nota come la categoria dei giovani (18-34 anni) e quella superiore (35-49 anni) varino allo stesso modo. Come a delineare che le differenze generazionali si attenuano di fronte alle problematiche del mercato del lavoro e sociali in un periodo di crisi.

Fonte: openpolis.it

Eurofound-Living, working andCOVID-19, Research Report

 

 

Foto di Matteo Bellia da Pixabay

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