Il primo panel organizzato al XIX Congresso nazionale di ALI – Autonomie Locali Italiane è stato intitolato “No all’autonomia differenziata – Ricuciamo l’Italia”. Un tema molto delicato, protagonista di questa prima giornata, per cui sono intervenuti Luca Bianchi (direttore della Svimez), Gianfranco Viesti (economista dell’Università di Bari), Emanuele Rossi (Costituzionalista della Scuola Sant’Anna), Micaela Fanelli (vicepresidente ALI e Consigliere Regionale del Molise), Giovanna Bruno (presidente ALI Puglia e Sindaca di Andria), Davide Carlucci (sindaco di Acquaviva delle Fonti) e Domenico Volpe (presidente ALI Campania e Sindaco di Bellizzi). Ha coordinato l’incontro Antonio Menna (Giornalista de “Il Mattino).
Il focus del primo panel è stato virato sulla valenza dell’autonomia differenziata, sulla sua apllicabilità e a tutte le implicazioni politico-amministrative che una sua attuazione comporterebbe.
Partendo dal chicchierato ddl Calderoli, come esordisce Emanuele Rossi: «Prima dell’articolo 5, c’è l’articolo 3. Il 5 opera una distinzione tra i livelli essenziali delle prestazioni e le altre. Quando si toccano prestazioni essenziali come la sanità e l’istruzione dentro un’unica cabina di regia è sempre pericoloso e quantomeno delicato. Attenzione ai Lep, che possono rivelarsi specchietti per le allodole. Ci sarebbe necessità anche di un fondo perequativo e la legge non si pone una domanda su tale fondo. C’è un forte rischio di uno spezzettamento del piano normativo.
Un’altra domanda che ci si pone davanti al ddl: questa è solo una legge formale o può intervenire nel contenuto? In caso di risposta affermativa, ci si potrebbe scontrare con l’intesa. Ci sono diversi punti critici che rendono evidente come questo sia un processo che deve essere seguito con molta attenzione sul piano politico.»
Giovanna Bruno riparte dal PNRR: «Per poter accedere al PNRR, dovevamo essere tutti livellati senza alcune preferenze di sorta. Purtroppo, le battaglie fatte per far comprendere che quelle differenze sarebbero state ancora vive, ci penalizzano e rattristano. Sentirsi dire da un sindaco di una città del nord che le risorse devono darle a loro, perché le sanno spendere meglio, ci rattrista. L’autonomia va benissimo, va male la differenziazione. Questa è una battaglia di equità sociale e tutti dovremmo essere schierati alla pari.»
E sulle discrasie di livellamento delle risorse, le fa eco Davide Carlucci, sindaco di Acquaviva delle Fonti: «Si sta scatenando una vera guerra tra territori, è un brutto sentimento, non trascuriamo questi aspetti. Occorre collaborazione tra Comuni, partendo da un’analisi dei conti territoriali e capire ciò che non va. Noi siamo pieni di progetti non finanziati. I Comuni del Sud e del Nord devono confrontarsi e capire come uscire insieme da questo momento.»
Domenico Volpe riprende quanto detto in precedenza da Emenuele Rossi: «La Casa dei Rifromisti deve intervenire lì dove ANCI e UPI non possono arrivare. Sembra che il Governo abbia messo sul tavolo tante cose per far confusione, distraendo da ciò che veramente conta e lì in mezzo ci ha messo anche l’autonomia differenziata, col ddl Calderoli. Ma qual è la cabina di regia a cui va dato ascolto?»
Gianfranco Viesti prova a mettere sul tavolo una disamina attenta dell’empasse territoriale e sociale in capo alle Regioni: «Bisogna cambiare, perché l’Italia negli ultimi venti anni non funziona. Ci vuole una prospettiva riformatrice. C’è un problema però con alcune richieste: quello dei poteri sterminati che chiedono le Regioni intese come esecutivi regionali, legate alle politche industriali, a quelle energetiche e via dicendo… Lo stesso sistema delle imprese, si muoverebbe meglio. Poi, queste Regioni chiedono di essere equiparate a quelle a statuto speciale e questo è davvero sbagliato. Infine, chi decide su tutte queste cose? Siamo davanti a un periodo molto delicato, che sicuramente entrerà nei libri di storia. A partire dai Comuni e dai rapporti dei sindaci con i cittadini si possono rafforzare questi legami e approfondire uno studio incentrato sulle richieste di questa autonomia differenziata, una secessione terrificante.»
Luca Bianchi torna sulle zone d’ombra originate dai Lep: «La proposta di autonomia differenziata non è alternativa al centralismo, ma in contrapposizione con l’attuazione del 119, di un vero federalismo regionale: non è simmetrica e non è solidale, perché con il meccanismo dei Lep non colma le distanze. Attuare il 116 in assenza del 119 è una forzatura: ovvero fare un’autonomia differenziata, senza avere autonomia. Sui Lep si genera un meccanismo di complessità e di dubbio sulla fase attuativa.»
L’intervento di chiusura spetta a Micaela Fanelli, che ci regala un’analisi appassionata e lucidissima: «ALI sta facendo un grande lavoro, specie in veste di lega di autonomie. La chiave per un futuro più alla portata di tutti è il riformismo. Non sempre le battaglie dei sindaci coincidono con quelle degli enti locali. Questo Governo di centrodestra, è molto più di destra: non è la nostra visione. Autonomia e sussidiarietà si tengono bene insieme. Tra tutti i punti toccati oggi, è necessario riportare tutte le Regioni da enti di legislazione a enti di amministrazione. Questa autonomia non la vogliono i Comuni, non la vuole nessuno. Se il ddl diventerà legge, noi chideremo il referendum abrogativo».