L’intervento per il potenziamento infrastrutturale di asili nido, una delle misure bandiera del Piano nazionale di ripresa e resilienza per i suoi possibili effetti sull’occupazione femminile e sulla ripresa demografica, di recente ha visto un cambiamento di rotta importante. Nel 2022 per assegnare le risorse finanziarie Pnrr ai comuni, che hanno competenza sui nuovi asili nido, il ministero dell’Istruzione aveva scelto di seguire un approccio “dal basso”, affidandosi a un bando pubblico a cui i singoli enti potevano rispondere presentando progetti di costruzione e di riqualificazione degli asili nido, poi eventualmente finanziati sulla base di graduatorie regionali. Ne era risultato un quadro di effettiva attribuzione della risorse piuttosto mediocre in termini di targeting, cioè di collocazione dei finanziamenti dove maggiore è la carenza di servizi: il 20 per cento dei fondi è stato assegnato a progetti presentati da comuni dove già la copertura del servizio supera l’obiettivo europeo del 33 per cento dei bambini 0-2 anni (tipicamente grandi città e centri urbani del Centro-Nord) mentre soltanto il 30 per cento è andato ai comuni in cui oggi il servizio manca del tutto. Ora il nuovo “Nuovo piano per asili nido” ha deciso di procedere “dall’alto”, secondo un’impostazione più centralista, in cui il ministero individua direttamente i comuni da finanziare (e i posti nuovi da realizzare), che possono soltanto scegliere se aderire o meno alla proposta. Lo scopo è quello di spingere maggiormente, rispetto al primo metodo di allocazione, i comuni con forti insufficienze nella fornitura dei servizi per la prima infanzia ad avviare la costruzione di nuovi nidi pubblici. Ma i risultati delle adesioni dei comuni individuati mostra che l’obiettivo è stato soltanto parzialmente raggiunto.
Rilanciamo un commento di Stefano Toso e Alberto Zanardi, pubblicato su lavoce.info.
TOSO, ZANARDI, C’è chi i nidi proprio non li vuole, da lavoce.info