Il primo panel della VI edizione del Festival delle Città, l’attesissima kermesse organizzata da ALI – Autonomie Locali Italiane, che si è svolta a Roma, presso i meravigliosi locali di Villa Altieri, in viale Alessandro Manzoni, dal titolo “Un Sì all’Italia unita e giusta.
Contro l’autonomia differenziata”, apre fin da subito il dibattito sulla più spinosa delle questioni. Sono intervenuti Giovanni Maria Flick (presidente del Comitato Referendario per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata e presidente emerito della Corte Costituzionale), Mattia Palazzi (Sindaco di Mantova), Christian Ferrari (segretario confederale CGIL), Simona Bonafè (deputata della Repubblica) e Domenico Volpe (presidente ALI Campania e Sindaco di Bellizzi).
Apre il professor Flick. Lucido, lungimirante, da applausi «Le città hanno molto da dire in prospettiva di un’autonomia, virata a modificare il quadro sistemico costituzionale del Paese. La città contemporanea nasce con lo scontro tra uguaglianza e diversità e tra quotidianità e impatto con variazioni ambientale-tecnologico. Oggi dobbiamo mettere d’accordo due transizioni epocali: tecnologica e ambientale. La città è la culla di ogni democrazia. É il nucleo della gestione delle risorse, regole della convivenza e criteri sociali, sviluppo e cultura del lavoro e del commercio.
Il problema più significativo è l’equilibrio tra le parte più antiche e recenti, tra memoria del passato e progetto del futuro.
Siamo in una situazione di emergenza, dobbiamo svegliarci dal letargo. Occorre restituire alla città un senso a cui il cittadino possa riconoscersi.
Se guardiamo la Costituzione, arriviamo al concetto di “città giusta”. Non possiamo intenderla solo come realtà commerciale o giuridica.
Dobbiamo riportare la città verso una riqualificazione del contesto sociale e ambientale. Dobbiamo lavorare per superare la paura di vivere in una città violenta, così da sviluppare senso di appartenenza.
Il bene pubblico deve essere accessibile a tutti. Bisogna puntare alla ricostruzione di un modello di “città della gioia”: lo dicono l’art. 2 e 18 della Costituzione. La città è di tutti e tutti devono accedere alla città. Bisogna accettare un nuovo modello culturale».
Mattia Palazzi fa eco al professor Flick, soffermandosi su un importante aspetto legato al concetto di autonomia: «L’autonomia è un processo consentito dalla nostra Costituzione e sono convinto che un processo di riformazione dello Stato, e di ciò che non funziona del titolo V della Costituzione, è ora altamente necessario. C’è un rischio di deficit di competitività del sistema. Il nostro Paese ha bisogno di competitività, non di frammentare ulteriormente.
Alcune materie non riusciamo a gestirle come Paese, figuriamoci come Regioni. Occorre una politica e un intervento europeo forte. E così vanno costruite politiche europee forti che difendano il nostro Paese. Occorre lavorare per costruire livelli essenziali di servizi e avvicinare le politiche sussidiarie a chi le determina nelle città. Abbiamo bisogno di uno Stato e di un’Europa più forti. La domanda dell’autonomia deve essere di sburocratizzazione, non di divisione».
«Dietro la legge Calderoli c’è un tentativo di colpire la Costituzione. Dobbiamo tenere insieme la questione istituzionale democratica e le conseguenze concrete di lavoratori e pensionati. Verranno tagliate le risorse già esistenti, perchè non ci sono LEP sufficienti per tutto il Paese.
Noi vogliamo una scuola pubblica nazionale aperta al mondo, non una cosa regionalizzata, piegata alle esigenze di questo o quel sistema locale. E non si applichi il sistema delle ASL alla scuola pubblica. E’ in discussione perfino il CNL: ci si focalizzi sul migliorare la salute e la sicurezza sul lavoro.
E poi c’è un tema di visione sul Paese: questo è un progetto anti-storico. Qui si tratta di attribuire a ogni singola regione sovranità legislativa assoluta, sottraendola allo Stato», afferma con ardore Christian Ferrari, mentre Simona Bonafé è analitica e tagliente: «Su questa riforma è stato fatto un errore di metodo e di merito: di metodo perché è una riforma che incide sull’architettura istituzionale del Paese e sulla carne viva dei cittadini, sui servizi a cui possono accedere; di merito, perché se tutte le regioni chiedono tutte le materie, termina lo Stato italiano. Come è possibile mettere in campo politiche imprenditoriali serie, se le regole cambiano di regione in regione? Con questo sistema avremo voce sempre meno forte ai tavoli europei».
A Domenico Volpe la chiusura del panel: «Se il fronte sindacale è spaccato su questa condizione dell’autonomia, significa che ci vuole uno sforzo in più e questo dovrebbe essere compito dei sindaci. Bisogna restare uniti nella lotta, perché l’Italia rimanga unita».