“In Italia ci sono ancora solo 366 mila posti in asili nido e servizi integrativi per la prima infanzia, pubblici o privati. Dunque, solamente il 30% dei bambini e delle bambine può usufruirne, mentre 850 mila bambini e bambine ne sono esclusi. Un’offerta assolutamente insufficiente rispetto al potenziale bacino di utenza e ben al di sotto di quel 33% che l’Europa si era data come obiettivo da raggiungere entro il 2010 (e che l’Italia ha indicato come livello minimo da garantire entro il 2027) e molto lontana dal nuovo obiettivo europeo del 45% entro il 2030″. È quanto dichiara la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi, citando gli ultimi dati Istat disponibili rielaborati dalla Confederazione, in occasione dell’anniversario della legge n. 1044, che il 6 dicembre del 1971 ha istituito gli asili nido nel nostro Paese.
Per la segretaria confederale, “preoccupano i forti divari territoriali, che corrispondono anche a notevoli disparità nelle risorse pubbliche erogate a sostegno del sostegno al sistema educativo per la prima infanzia. Peraltro, le aree più svantaggiate, dove si concentrano le famiglie in peggiori condizioni economiche, beneficiano di minori risorse pubbliche in relazione alla minore offerta di nidi e servizi educativi e contemporaneamente per la minore possibilità di intercettare misure di sostegno come i bonus”.
Barbaresi ricorda poi che “si avvicina la scadenza del 2026 entro la quale dovranno essere ultimati i progetti sostenuti dal Pnrr, pena la perdita dei finanziamenti, e preoccupa la riduzione complessiva dei progetti finanziati, da ricondursi proprio alla scelta del Governo di ridimensionare l’obiettivo iniziale di 265 mila nuovi posti nido agli attuali 150 mila, senza peraltro alcuna garanzia che i progetti in essere vengano ultimati entro il termine fissato”. In questo scenario, per la segretaria confederale della Cgil “è allarmante il tentativo operato dal Governo, con il Piano Strutturale di Bilancio, di aggirare l’obiettivo del 33% di posti da garantire entro il 2027 (e di quello del 45% da raggiungere entro il 2030) trasformandolo in un obiettivo nazionale, mentre l’obiettivo su base regionale scenderebbe al 15%, che lascerebbe immutati i divari territoriali con un’ulteriore penalizzazione soprattutto del Meridione. Un’impostazione che si limita a fotografare l’esistente senza incidere sulle disuguaglianze”.
Infine, “resta il nodo irrisolto delle risorse da prevedere a bilancio per la gestione ordinaria dei nidi per consentirne il corretto funzionamento e scongiurare il rischio di strutture esistenti sulla carta ma impossibilitate ad operare: per arrivare all’obiettivo del 45% devono essere attivati 200 mila posti in più rispetto agli attuali per i quali occorrono 2 miliardi di euro in più all’anno per la gestione corrente e almeno 45 mila educatrici/tori in più”.
“Si parla spesso impropriamente dei costi dei servizi – sottolinea la dirigente sindacale – mentre non si parla abbastanza del costo della loro mancanza: costi educativi, sociali, in termini di povertà educativa, correlazione con la dispersione scolastica, diseguaglianze, denatalità. Gli asili si configurano come diritti dei bambini e delle bambine e per questo devono essere garantiti a tutte e tutti e gratuiti, oltre al fatto che il potenziamento dell’offerta di nidi andrebbe a creare opportunità di lavoro con profili professionali di qualità”.
“Occorrono politiche strutturali e di prospettiva che vedano la centralità dei bambini e delle bambine – conclude Barbaresi – e su questo la Cgil continuerà a concentrare l’attenzione perché il nostro Paese non perda ancora una volta un’occasione irripetibile per raggiungere standard europei su una materia così fondamentale e garantire il diritto al percorso educativo sin dai primissimi mesi di vita”.
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