L’istruzione resta il principale investimento contro la povertà e la sua trasmissione di generazione in generazione. In quest’ottica, garantire l’accesso all’educazione di qualità per tutti è centrale, anche per le politiche di inclusione sociale.
L’Italia dal 2010 è – tra i maggiori paesi Ue – quello che spende meno in istruzione in rapporto al proprio prodotto interno lordo. Si tratta di un valore quantitativo, che quindi di per sé non rappresenta un indicatore di qualità dell’offerta educativa.
Allo stesso tempo, porre questo comparto al centro delle politiche pubbliche può contribuire a una riduzione dei divari sociali, educativi e territoriali che gravano sul paese. Oggi infatti resta ancora forte, e problematica, la correlazione tra condizione sociale e livello di istruzione. E le tendenze internazionali segnalano come un maggior investimento sull’istruzione vada spesso di pari passo con migliori risultati degli studenti nelle prove Ocse-Pisa.
- 12,3% la povertà assoluta familiare quando la persona di riferimento ha la licenza media. La quota scende al 4,6% in presenza del diploma.
- 4,1% la spesa in istruzione sul Pil dell’Italia nel 2022, meno della media Ue (4,7%).
- Dal 2010 l’Italia è tra i maggiori paesi Ue quello che spende meno rispetto al Pil.
- I paesi europei con più spesa in istruzione spesso hanno migliori risultati nei test Ocse.
- Per l’Italia la priorità è intervenire sui divari territoriali.
Qui per intero l’analisi di #conibambini pubblicata da #Openpolis.