
La sentenza 192 del 2024 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità parziale della legge n. 86/2024 (Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione), è a giusto titolo considerata di fondamentale importanza per i suoi contenuti e per l’influenza che avrà sul nostro modello di Stato delle autonomie. Al centro della pronuncia vi è l’interpretazione della citata norma costituzionale, che si riferisce espressamente alle sole Regioni, e, pur prendendo a riferimento le materie di potestà legislativa, permette un riconoscimento anche o solo di maggiore autonomia amministrativa, purché – ha chiarito una volta per tutte la Corte – riguardante specifiche e ben determinate funzioni, non intere materie, la cui devoluzione sia giustificata e motivata con precipuo riferimento alle caratteristiche della funzione e al contesto in cui avviene. La Corte ha censurato numerosi profili della legge, mentre su molti altri aspetti ha dato una serie di indicazioni per la sua correzione. Il percorso di attuazione di tale articolo subisce quindi una importante battuta d’arresto, ma non viene del tutto interrotto. Per la Corte, del resto, il regionalismo differenziato consente di superare l’uniformità nell’allocazione delle competenze al fine di valorizzare appieno le potenzialità insite nel regionalismo italiano, ma deve essere collocato nel quadro complessivo della forma di Stato italiana, con cui va armonizzato. Rilanciamo un intervento di Claudia Tubertini, docente di Diritto Amministrativo dell’Università di Bologna, pubblicato da Labsus.
Sussidiarietà e attuazione del regionalismo, di Claudia Tubertini, da Labsus