FESTIVAL DELLE CITTÀ 2024, De Blasio, Ricci, l’America e l’Europa: una sfida per la democrazia

Il secondo, attesissimo speech in programma nella seconda giornata della VI edizione del Festival delle Città, organizzato da ALI – Autonomie Locali Italiane, che si è svolta a Roma, presso i meravigliosi locali di Villa Altieri, in viale Alessandro Manzoni, ha avuto ben due protagonisti: l’ex sindaco di New York, Bill De Blasio e l’eurodeputato Matteo Ricci, ex presidente di ALI nazionale e sindaco di Pesaro. I due si sono alternati, riflettendo sul presente e il futuro imminente dell’America e dell’Europa, due mandi apparentemente tanto distanti, ma accomunati da medesime prospettive politiche e sociali.

«È nostro compito continuare a ricostruire la democrazia. Ci sono molti pessimisti intorno al valore della democrazia statunitense, ma credo che costoro non la conoscano a fondo. Questo processo di ricostruzione è anche una chiamata alle nuove generazioni.

Penso che Harris vincerà nel Michigan, Pennsylvania e Wisconsin. Anche in Nebraska cominciano a vedersi auspici promettenti. Ho assistito a tante campagne politiche e credo che Harris come candidata sfiori la perfezione, quasi come nessun altro candidato prima. Molto spesso noi democratici ci siamo “sparati ai piedi”, come dicono i repubblicani, ma stavolta possiamo contare su una candidata strepitosa. In questi stati chiave sarà molto importante l’apporto delle donne, che riguarda anche un gruppo di donne repubblicane e credo che questo aspetto farà virare le elezioni verso il lato giusto», esordisce De Blasio, commentando le aspettative in merito alle prossime elezioni americane.

Poi incalza sul “rivale” repubblicano, allargando la sua visioni alla scena politica estera: «Penso sia incredibile che Trump possa avere questa magica capacità di portare la pace nel conflitto tra Ucraina e Russia. Lo farebbe nel nome del risparmio dei fondi americani, senza alcun riferimento al fatto che la vittoria russa creerebbe un’instabilità a livello globale. Per lui sarebbe conveniente lasciare questa situazione bloccata così com’è. Così come darebbe un assegno bianco a Netanyahu per qualsiasi sua decisione.
Per quanto riguarda la protesta a Gaza è oggi diverso da cinque o sei mesi fa e questo potrebbe essere a vantaggio della vittoria di Harris. L’elettorato è sensibile alla questione, ma non credo che adesso la questione Ucraina sia la questione primaria per gli elettori americani, soprattutto per quegli stati indecisi. Magari lo stato dell’immigrazione, che resta comunque molto centrale come tema. L’elemento che più virerà al voto sarà quello sulla decisione riguardante l’aborto».

Matteo Ricci è di casa al Festival delle Città ed è un fiume in piena: «Siamo riusciti a creare una maggioranza nel Parlamento europeo, tenendo fuori la destra estrema. A volte ci illudiamo che Meloni possa esprimere una destra progressista e moderna, ma così non è. Abbiamo vinto in difesa contro un’estrema destra molto forte in tutta Europa e con partiti socialisti in forte crisi, come in Germania o in Francia.
Del programma portato in Europa, esprimo diversi concetti: primo, un concetto che riguarda la democrazia in pericolo e sono preoccupato per l’Europa, perché se non riesce a rinforzare il suo assetto istituzionale, la democrazia sarà davvero in pericolo. Secondo grande tema, la transizione ecologica: il cambiamento climatico è molto più veloce di quanto immaginassimo e dobbiamo accelerare. Terzo tema: è necessario un piano di investimenti costante e massiccio, anche per mandare avanti questi progetti di transizioni. Se nei prossimi anni non avremo investimenti forti, rischieremo un nuova recessione. Questi sono i piani per un Europa progressista e quando Meloni ha scelto tra gli interessi dell’Europa tutta o quelli del suo partito, ha scelto quelli del suo partito».

Poi, specularmente all’intervento di De Blasio, anche Ricci analizza il precario equilibrio sorretto da una politica estera ancor più precaria: «In politica estera siamo completamente assenti, inefficaci. La dimensione nazionale europea non ha più la forza per essere protagonista in ottica mondiale. In questo escalation di vendetta in Medio Oriente dove si finirà? La politica guerrafondaia di Netanyahu è avversa alla difesa di Israele. Chi finirà per appoggiare Israele o l’Iran? La Russia e l’America? E ribadisco: noi siamo con l’Ucraina, siamo per la pace ma ciò che è mancato in questi anni è una politica di pace. Davvero pensiamo che la Russia possa perdere la guerra? Come può finire allora la guerra, se non con un accordo e l’accordo lo farai con la Russia. Ma non dobbiamo aspettare le elezioni americane. Quindi, o l’Europa svolge questo ruolo, oppure non va affatto bene, perchè non sarà un soggetto forte e credibile nel mondo che cambia».

Così l’eurodeputato si rifocalizza sullo stato e il ruolo del Partito Democratico in Italia, suggerendo il sentiero da percorrere per uscire da un’impasse  che dura da troppo tempo: «Per quanto riguarda la politica italiana, non dobbiamo più fare gli errori passati. Divisi non si va da nessuna parte. Meloni ha vinto le elezioni a casa in ciabatte, siamo andati in campagna elettorale consapevoli che avrebbe vinto la destra. Quello scenario non deve più esserci. Alcune battaglie comuni ci fanno bene, come quella sull’autonomia differenziata, perché più andrà avanti, più diverrà incisiva. Così come il discorso legato alla sanità o al reddito. Ma dovremo essere bravi a mettere in evidenza tutte le contraddizioni del governo Meloni. È nostro compito costruire un nuovo centro-sinistra e il pilastro deve essere il Partito Democratico: dobbiamo lavorare molto e avere l’ambizione di diventare il primo partito in Italia. Non siamo ancora organizzati per esserlo e dobbiamo lavorare molto sulla nostra cultura politica. Ma dobbiamo lavorare soprattutto a una coalizione del centro-sinistra e ci devono stare Conte e i 5 Stelle. Ed è imprescindibile anche con Alleanza Verdi e Sinistra e abbiamo bisogno anche di un alleato al centro, che oggi però ancora non c’è. Per non lasciarlo in pasto a FI, dobbiamo capire come agire. Se si esce da questo schema, si perde. Non c’è alternativa all’unità».

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