ALI: ARGINARE L’EMERGENZA POVERTÀ

Quanto durerà questo tempo sospeso e in cui ciò che facevamo normalmente di quotidiano diventa speciale e ciò che continuano a fare quelli che non ne possono fare a meno diventa eroico come nel caso degli gli operatori sanitari, forzato come per gli operai costretti ad andare in fabbrica o al limite del delinquenziale come nel caso di chi proprio non riesce a rinunciare alla corsetta o alla chiacchierata con gli amici.

Cosa rimarrà dopo e per lungo tempo ancora di ciò che era e di ciò che è. Per quanto tempo continueremo ad avere problemi a salire su un mezzo pubblico, avremo paura di mandare i figli a scuola o in palestra, rinunceremo al cinema al teatro ai concerti ai ristoranti allo stadio, guarderemo con preoccupazione e non proveremo nessuna attrazione per le resse nei super mercati, o per i bar degli apericena.

E in questo tempo e in quello che sarà quanti lavori, lavoretti, professioni, partite iva, quante aziende cooperative, artigiane, commerciali entrate in apnea oggi finiranno per soffocare definitivamente domani, e quante altre continueranno a vivere in attesa di un pieno rilancio in una situazione di profonda sofferenza. Si pensava che sarebbe stato l’arrivo potente della tecnologia a mettere in crisi tutta una serie di lavori e invece è arrivato prima un mutante venuto dall’alba delle nostre origini di una dimensione che si misura in micron a sconvolgere tutto. E paradossalmente, luce nella notte, sembra proprio quella temuta rivoluzione tecnologica a consentirci nell’immediato la possibilità di continuare a fare, vendere, produrre.

Le misure finanziarie nazionali ed europee che si stanno allineando sembrano aver colto la necessità di una azione talmente forte che appena si presenterà una situazione migliore si possa produrre un rimbalzo in termini di attività economica e lavoro. La prima cosa quindi è tenere a galla il più a lungo possibile chi ha un qualsiasi lavoro che possa essere coperto dagli ammortizzatori sociali. Giusto quindi tutto ciò che è stato deciso a tutela del lavoro: dal divieto di licenziamento, alla cassa integrazione, alla cassa integrazione in deroga estesa alle aziende fino ad 1 dipendente. Sono azioni fondamentali perché una massa consistente di italiani non scivoli nella povertà immediata e con essi le loro famiglie.

Non risolto è il problema delle partite iva. L’una tantum di 600 euro per il mese di marzo ha suscitato reazioni molto negative e forti per la cifra prevista e per la copertura temporale. E’ un capitolo prioritario. Non dobbiamo essere noi a ricordare che molti giovani oggi si avvicinano al lavoro attraverso questa modalità, sono spinti anche violentemente verso questa modalità per tanti sinonimo di povertà parziale e precarietà. Per queste figure a partite iva almeno per alcune di esse ( partite iva sono anche le professioni organizzate in ordini professionali che vanno viste a parte) si dovrebbe valutare l’estensione del RdC.

Nonostante ciò quello che è certo è che se la povertà rappresentava un problema grave prima lo sarà ancora di più dopo. Verrebbe da dire che per fortuna il Reddito di Cittadinanza c’è e assieme al reddito anche la Pensione di Cittadinanza. I dati finora disponibili dimostrano che dal punto di vista del contrasto della povertà sono strumenti che stanno avendo un impatto importante e quindi è da rigettare ogni tentativo di eliminarlo o di rivedere al ribasso la dote finanziaria messa a disposizione. Questo non toglie che il disegno del provvedimento quando fu concepito volesse affrontare troppe questioni tutte assieme e i dati sono li a dimostrare che per quanto riguarda l’avvio al lavoro non ci siamo. Ma il lavoro adesso non c’è. Bene quindi ha fatto il Governo nel contesto attuale a sospendere la previsione che vedeva per tanti l’erogazione del RdC connesso all’ avviamento al lavoro. Crediamo che questa previsione occorrerà mantenerla per un periodo di tempo abbastanza lungo.

A maggior ragione bisognerebbe lavorare per correggere alcuni difetti macroscopici del provvedimento:

1) il RdC penalizza le famiglie numerose a vantaggio dei single e delle coppie con 1 solo figlio.

2) Gli immigrati, che sono una realtà importante delle nostre città, accedono nella misura del 6% al Rdc mentre sappiamo dalle statistiche che gli immigrati poveri sono almeno il 13% del totale.

Quindi riequilibrando gli importi nell’ambito dello stesso fondo si potrebbe e si dovrebbe fare maggiore giustizia. Rimangono aperti anche i problemi connessi alla ripartizione dei beneficiari fra Centri per l’Impiego e Servizi sociali comunali. In particolare non si riescono adeguatamente a prendere in carico quelle situazioni famigliari dove coesistono diverse cause di povertà: disoccupati, figli minori, disabilità, dipendenze. Cioè i grandi casi sociali su cui sbattono quotidianamente i nostri comuni. Tornare alla centralità del Comune nei processi di inclusione e di erogazione del RdC per noi è fondamentale tanto più nella situazione attuale. Va messa all’ordine del giorno anche una riconsiderazione del fenomeno dei poveri che percepiscono un reddito da lavoro che li spinge fuori dalla copertura del RdC, tanto che sarebbe più conveniente per loro non lavorare e assieme a ciò sarebbero necessarie alcune correzioni al sistema di calcolo dell’Isee.

Ancora, rilanciamo la necessità di ripristinare la previsione del Piano nazionale per la lotta alla povertà e di un Osservatorio, strumenti fondamentali per guidare gli strumenti di contrasto con una visone d’insieme del fenomeno delle povertà e con la necessaria flessibilità ai cambiamenti sempre in atto. Strumenti cui potrebbero concorrere con le loro esperienze concrete comuni e regioni. Non meno importante è in questo difficile contesto l’operatività degli uffici. Gli uffici comunali, i Centri per l’impiego, l’operatività dei navigator, l’INPS. In particolare uffici comunali e INPS sono il crocevia di quasi tutte le prestazioni assistenziali. Bisogna assicurarsi che siano in grado di non far venire meno il servizio agli ultimi, alle figure marginali e più sole dotandoli adeguatamente di tutti gli ausili necessari a tutelare la loro salute. Tutto ciò che è stato deciso dal Governo per favorire il lavoro agile è corretto ma i Comuni sanno bene cosa vuol dire assistere, fare un lavoro di interfaccia fisico con chi ha dei problemi sociali seri. Quindi Comuni e INPS vanno messi in grado di fare al meglio il loro lavoro. Occorrerà anche prevedere delle misure premiali per chi si sobbarca questo lavoro in condizioni non sempre ottimali per la tutela della propria salute, pensiamo ad esempio agli assistenti sociali.

Infine ai Comuni come è già stato richiesto da tutte le associazioni va data una risposta sulle minori entrate che la fase attuale produce sui loro bilanci e su quelli delle società partecipate. La ripercussione di queste minori entrate potrebbe essere molto pesante sulla capacità di affrontare una situazione sociale in sofferenza crescente soprattutto per quelle persone e famiglie che oggi sopravvivono e a mala pena riescono a far fronte alle incombenze normali di un bilancio familiare. Il Patto di Stabilità Europeo è sospeso sarebbe paradossale in questo contesto che fermino vincoli a carico dei Comuni che impediscano la mobilitazione delle risorse che hanno a disposizione. Oltre a ciò vanno previste iniziative di protezione sociale aggiuntive, quindi nel sistema locale, con al vertice i comuni singoli o associati, vanno immesse risorse nuove e non solo quelle reperibili allentando i vincoli al loro carico.

Oriano Giovanelli
Responsabile ALI politiche di contrasto alla povertà

 

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