Il Rapporto Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”, elaborato dal Comitato di esperti in materia economica e sociale presieduto da Vittorio Colao, si ripromette di mettere a punto delle “raccomandazioni relative a iniziative atte a facilitare e a rafforzare la fase di rilancio post epidemia Covid-19”. L’obiettivo è “di accelerare lo sviluppo del Paese e di migliorare la sua sostenibilità economica, sociale e ambientale, in linea con l’Agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e con gli obiettivi strategici definiti dall’Unione europea.”
FORUM DISUGUAGLIANZE E DIVERSITÀ: POCA ATTENZIONE ALLA GIUSTIZIA SOCIALE E AMBIENTALE
Il Forum Disuguaglianze e Diversità, pur condividendo le premesse del Rapporto e le preoccupazioni del Comitato, vuole evidenziarne alcuni importanti limiti.
Di fronte allo shock violento del Covid-19 e all’incertezza sistemica che ne è derivata, nulla è scritto e la sfida è grande. È urgente cambiare passo, mettendo in campo discontinuità nette e chiare. Per farlo serve coraggio ed una visione profondamente innovativa, altrimenti l’obiettivo dichiarato di costruire una “maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale” rimarrà una giusta ma inefficace dichiarazione d’intenti. E’ proprio su questo fronte che come ForumDD, ad una prima lettura del Rapporto, ci sembra che manchi il coraggio innovativo che sarebbe necessario, per non ricadere in quello scenario che abbiamo descritto nel nostro documento strategico con due parole, “Normalità e Progresso”, in cui viene innalzata la bandiera della riduzione delle disuguaglianze ma si continuano ad usare i principi e le leve dell’ultimo quarantennio, seguendo una pulsione di ritorno al “prima” presentato come una realtà “modernizzata e digitalizzata”.
I punti su cui crediamo che il Rapporto Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022” mostri delle debolezze, sono tre, per noi fondamentali.
- Manca la consapevolezza che i saperi necessari per ridisegnare i servizi fondamentali sono nei territori, nella cittadinanza, nel lavoro e che per questo va costruito un nuovo modo di governare che sappia raccogliere e valorizzare questi saperi. Anche il rilancio dell’economia sarebbe infatti garantito da semplificazioni e centralizzazione del potere decisionale, esautorando gli enti locali. Il ForumDD ritiene che sia fondamentale investire nella PA per modificare radicalmente “come” si fanno le cose e “come” si usano i poteri e denari pubblici. Il ruolo del pubblico, riscoperto e rilegittimato come essenziale per le nostre vite, non può essere confinato in un ruolo di passivo esecutore e finanziatore di interventi o di mega-piani-di-spesa decisi da pochi, senza un confronto aperto e trasparente con cittadinanza e lavoro, con i territori e i Comuni.
- Le imprese sono, ancora una volta, viste unicamente proiettate alla massimizzazione del profitto, senza considerare la loro possibile funzione nell’interesse generale. Le azioni per l’impresa sono centrate quasi esclusivamente sulle agevolazioni fiscali (con qualche rischio di aprire la strada per un nuovo condono fiscale,), sulle semplificazioni procedurali, e sulla necessità di far soggiacere l’attività di ricerca universitaria e di formazione dei ricercatori a una domanda non ben definita di specializzazione professionale. Sembra mancare inoltre un riferimento chiaro alla necessità di investire nella dignità dei lavoratori e delle lavoratrici e nella loro tutela e di promuover una loro partecipazione alle scelte strategiche delle imprese, riequilibrando il potere negoziale del lavoro, e perseguendo un nuovo patto fra società e le imprese che promuova obiettivi ambientali e sociali.
- Manca ogni connessione tra giustizia ambientale e giustizia sociale, le numerose innovazioni ambientali proposte rimangono cieche alle persone che se ne dovrebbero avvantaggiare, non ci sono misure che garantiscano agli ultimi e ai penultimi l’accesso ai vantaggi della transizione energetica e della mobilità sostenibile. Seppur presenti i richiami al sostegno di alcune politiche in settori promettenti (es. green economy e economia circolare) non viene colta l’occasione perché questi nuovi settori siano impostati su criteri di giustizia sociale e ambientale innovativi.
Al di là, dunque, delle dichiarazioni iniziali del documento che richiamano le disuguaglianze non c’è nulla che intacchi i meccanismi strutturali di produzione e riproduzione continua delle disuguaglianze stesse, lette come un problema di assistenzialismo per le categorie “fragili”, come le donne e i giovani per cui non si mettono in campo sono né misure strutturali né strategie. Secondo il ForumDD, bisogna, invece, intervenire sui processi di formazione della ricchezza e sugli squilibri di potere a monte, nel mercato.
Nel suo impianto generale, il documento presenta chiavi di lettura della società vecchie e messe in crisi proprio dalla pandemia, senza sottolineare il ruolo centrale dei sistemi sociali che garantiscono coesione, diritti, crescita civile, per noi presupposti di un nuovo modello di sviluppo basato su giustizia sociale e ambientale.
FONDAZIONE SVILUPPO SOSTENIBILE: IL RAPPORTO NON COGLIE LA PORTATA STRATEGICA DEL GREEN DEAL EUROPEO
Questo rilancio dovrebbe basarsi, in buona parte, sull’utilizzo delle risorse europee del fondo “Next Generation” del Recovery Plan proposto dalla Commissione europea e che si basa sul Green Deal, come strategia per la crescita economica dell’Europa. L’assenza nel Rapporto Colao della strategia unificante del Green Deal porta a declinare le sei aree di azione individuate (imprese e lavoro; infrastrutture e ambiente; turismo, arte e cultura; pubblica amministrazione; istruzione e ricerca; individui e famiglie) senza una precisa direttrice di cambiamento dello sviluppo e a rendere ben poco incisiva la pure annunciata necessità di una “rivoluzione verde”.
Si tratta di una questione dirimente. Per coglierne la concreta portata basta confrontare le misure citate dalla Comunicazione della Commissione nel Recovery Plan del 27 maggio con quelle proposte dal Rapporto Colao. Il Green Deal europeo è un progetto di sviluppo che assume quali priorità strategiche la necessità di affrontare, con urgenza, il cambiamento climatico e la pressione, ormai insostenibile, sulle risorse naturali.
Il Green Deal europeo si basa, quindi, su misure che, insieme e nello stesso tempo, affrontano la grave crisi attuale e realizzano alcuni cambiamenti necessari per la transizione all’economia green del futuro, decarbonizzata e circolare.
Nel Rapporto Colao vi sono anche proposte di misure green condivisibili e interessanti, ma aggiunte a molte altre colourless, che non fanno che riproporre e rilanciare lo sviluppo pre-pandemia, che era insostenibile per il clima e le risorse naturali.
Facciamo qualche esempio. Negli interventi per la “sopravvivenza e la ripartenza delle imprese” si propongono numerosi interventi pubblici di sostegno, a prescindere dalle emissioni di gas serra e dal consumo di risorse naturali. Le proposte per il rilancio del turismo, per fare un altro esempio, ignorano la necessità di affrontare i preoccupanti impatti della crisi climatica sul settore, nonché quella di affrontare le insostenibili pressioni ambientali esercitate in alcune località costiere e montane, anche per meglio rispondere a una crescente domanda, interna ed internazionale, di più elevata qualità green.
Le proposte per l’economia circolare del Rapporto Colao non ne colgono la portata strategica per il futuro di un Paese, povero di materie prime e dotato di un’importante manifattura: portata ben delineata dalle misure indicate da due piani europei che richiedono, in diverse filiere produttive, innovazioni e investimenti per migliorare l’efficienza delle risorse e aumentare l’utilizzo di materiali da riciclo, per contrastare l’obsolescenza programmata e prolungare la durata, la riparabilità, il riutilizzo, l’uso condiviso, la riciclabilità dei prodotti e per ridurre e riciclare di più e meglio i rifiuti che generano.
Per non parlare della rimozione da questo Rapporto di un pilastro fondamentale dell’economia circolare: la bioeconomia rigenerativa che comprende l’agroalimentare e la chimica verde che hanno un’importanza cruciale per lo sviluppo in Italia.
Per cogliere la rilevanza della crisi climatica per il presente e il futuro del nostro sviluppo non basta citare la transizione energetica e la decarbonizzazione, è indispensabile affrontare un nodo: l’aggiornamento dei target al 2030 e il conseguente finanziamento delle misure per una consistente riduzione, non contingente ma strutturale, delle emissioni di gas serra, necessaria per rientrare nella traiettoria dell’Accordo di Parigi per il clima.
Tale aggiornamento dei target climatici al 2030 e le relative misure con i corrispondenti consistenti investimenti – che non a caso sono la parte più importante di quelli quantificati nel documento allegato alla citata Comunicazione della Commissione del 27 maggio scorso (Commission staff working document) – sono ignorati dalle proposte del Rapporto Colao, nonostante le loro positive ricadute non solo ambientali, ma occupazionali e di costi futuri evitati.