In Italia, già prima dell’emergenza della pandemia, un lavoratore su otto vive in una famiglia con reddito disponibile insufficiente a coprire i propri fabbisogni di base, e fattori come il Covid e la guerra in Ucraina rischiano di aggravare la situazione.
Questo è quanto emerge dal Rapporto di Oxfam Italia “Disuguitalia: ridare valore, potere e dignità al lavoro” presentato a Firenze nell’ambito dell’Oxfam Festival, che pubblichiamo.
Secondo il rapporto, l’incidenza della povertà lavorativa, misurata in ottica familiare, è cresciuta dal 10,3% del 2006 al 13,2% del 2017.
Il fenomeno colpisce di più, in termini relativi, chi vive in nuclei monoreddito, chi ha un lavoro autonomo, e chi, tra i dipendenti, lavora nel corso dell’anno in regime di tempo parziale.
Anche l’incidenza sul totale dei lavoratori con basse retribuzioni è in crescita, dal 17,7% del 2006 al 22,2% nel 2017.
Il lavoro povero è più diffuso fra le donne, con la quota delle lavoratrici con bassa retribuzione attestatasi al 27,8% nel 2017 a fronte del 16,5% tra i lavoratori uomini
“La strategia competitiva di molte imprese – accusa Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia – si basa cronicamente sulla compressione del costo del lavoro, favorita dalle politiche di flessibilizzazione che hanno visto la moltiplicazione delle tipologie contrattuali atipiche e una progressiva riduzione dei vincoli per i datori di lavoro ad assumere lavoratori con contratti a termine o a esternalizzare attività o parti del ciclo produttivo”.