Mancano due giorni alla scadenza del primo acconto dell’Imu post riforma della legge di bilancio 2020 e i dubbi non mancano. A cominciare dalla scadenza, che potrebbe essere manovrata a livello locale. Anche la regola ordinaria di determinazione dell’acconto, nella sua semplicità (la metà di quanto versato nel 2019), potrebbe creare dei problemi per i soggetti che si trovano a pagare più di quanto effettivamente dovuto per il 2020.
La scadenza Non è stata deliberata nessuna proroga generalizzata del termine del 16 giugno. I Comuni, tuttavia, hanno il potere di differire i termini di pagamento, in “situazioni particolari”. Quindi, prima di pagare va verificato se il proprio Comune ha prorogato i termini. L’ emergenza da Covid 19 rientra senz’ altro nella fattispecie delle “situazioni particolari” che sono state citate in precedenza. Secondo il Mef, però, la quota statale dello 0,76% sui fabbricati D non può essere regolamentata dagli enti (risoluzione n. 5/2020). Le Finanze hanno però aperto alla possibilità di deliberare lo slittamento con delibera di giunta comunale, purché la stessa sia successivamente recepita con delibera del consiglio comunale. In questo modo si semplifica l’iter decisionale e si consente ai cittadini di conoscere per tempo le scelte locali.
Il criterio dell’acconto Trattandosi del primo anno di applicazione della nuova Imu, il criterio ordinario di quantificazione dell’acconto consiste nel pagare la metà di quanto complessivamente versato nel 2019 a titolo di Imu e Tasi. Questo significa, in concreto, che se l’anno scorso non si è versato nulla, perché ad esempio titolari della sola abitazione principale, l’acconto non è dovuto e sarà pagato tutto in sede di saldo, a dicembre. Un altro effetto di tale disciplina è che le innovazioni introdotte con la riforma del 2020, di regola, troveranno applicazione solo in sede di saldo. È il caso, tra l’altro, del genitore assegnatario della dimora familiare senza affidamento dei figli. Fino al 2019, l’immobile assegnato era esente, da quest’anno diventa imponibile, poiché l’esonero è strettamente correlato all’ affidamento dei figli.
I criteri alternativi In alcuni casi, l’applicazione letterale del metodo “storico” di liquidazione dell’acconto determina evidenti incongruenze. Si pensi all’ eventualità in cui il contribuente aveva un immobile posseduto tutto il 2019, venduto a gennaio 2020. O ancora all’ ipotesi della seconda casa che nell’ anno in corso è diventata abitazione principale. Adottando il criterio legale si giunge a versare una somma che poi dovrà essere restituita. Per questo motivo, la circolare n. 1/2020 del Mef ammette che, in tutti i casi in cui la situazione immobiliare sia variata rispetto all’anno scorso, il soggetto passivo può scegliere tra il metodo “storico” e il metodo “previsionale”. Quest’ultimo, destinato peraltro a essere applicato dal 2021, consiste nel calcolare l’imposta sulla base della situazione immobiliare verificatasi nel primo semestre dell’anno. Così, nel caso dell’immobile ceduto a gennaio 2020, si pagherà solo un mese di imposta, mentre se l’ex seconda casa è diventata abitazione principale al 2 gennaio, non si versa nulla. Il Mef ha inoltre precisato che tutte le volte che si applica il metodo previsionale l’aliquota da utilizzare è quella dell’Imu 2019, senza aggiungere la Tasi. Qualora l’interessato conosca l’aliquota deliberata per l’anno in corso e questa sia stata anche pubblicata, egli potrà utilizzarla già in sede di acconto.
Nuove esenzioni al debutto L’acconto 2020 vede inoltre il debutto delle nuove esenzioni stabilite nell’articolo 177 del decreto Rilancio (34/2020). Si tratta di tipologie che sono collegate al settore turistico, fortemente colpito dalla pandemia. La totalità dei casi è collegata non già alla categoria catastale di appartenenza ma alla effettiva destinazione d’uso. Fanno eccezione unicamente gli alberghi e le pensioni che sono esenti solo se esercitati in immobili di categoria D2. Una limitazione è rappresentata dal fatto che per talune tipologie (tra queste, alberghi, bed & breakfast, case per vacanze, agriturismo e altri) l’esonero spetta a condizione che il proprietario coincida con il gestore.
da “Il Sole 24 Ore”