Un vincolo ulteriore alla normativa «anti-dissesto» con il nuovo pronunciamento della Corte Costituzionale.
Nel piano di riequilibrio approvato nel 2013 per evitare il dissesto, il Comune di Reggio Calabria aveva calcolato un disavanzo da 110,9 milioni. Per gestirlo ha però potuto contare su anticipazioni per 258,8 milioni e su prestiti regionali per 65 milioni, mentre di rimodulazione in rimodulazione la rata annuale per chiudere il buco si è ridotta a 2,5 milioni. Per vent’anni. «Bastano queste cifre ballerine a certificare che le regole anticrisi dei Comuni non funzionano – commenta e sottolinea Gianni Trovati su “Il Sole 24 Ore” – e a spiegare il nuovo stop arrivato dalla Corte costituzionale alle leggi che permettono ai Comuni in crisi di evitare nei fatti il ripiano integrale del disavanzo in tempi certi, e offrono di conseguenza la possibilità di spendere risorse che non si hanno allargando il buco nei conti. La nuova puntata nella battaglia ormai infinita che oppone una Consulta preoccupata della tutela dei conti pubblici e una serie di governi e parlamenti più attenti invece alla sorte degli amministratori locali è scritta dalla sentenza n. 115/2020 depositata (relatore Aldo Carosi), che fa cadere l’ultimo intervento nella barocca normativa delle regole «anti-dissesto» degli enti locali: quello approvato l’anno scorso dal governo Conte-1 (articolo 38 del Dl 34/2019) proprio per cercare di aggirare gli effetti di un’altra decisione della Consulta. Perché nella sentenza n. 18/2019 i giudici delle leggi erano già intervenuti, colpendo la «regola dei 30 anni» che permetteva a tutti gli enti in crisi di dedicare tre decenni al ripiano del deficit individuati dai piani di risanamento».