Parlando di Blockchain e formazione, qual è oggi l’obiettivo che dobbiamo porci come docenti e ricercatori universitari? Possiamo permetterci una formazione non inclusiva di tutte le esigenze e le problematiche che tale tecnologia pone insieme alle opportunità che potrebbe favorire?
Quali sono i contenuti fondamentali di una formazione dedicata alla tecnologia blockchain?
Se guardiamo al panorama delle proposte formative in essere, in particolare, a livello internazionale, si intuisce il grande interesse verso questo nuovo campo del sapere, e, non soltanto in merito agli aspetti tecnici. Da una prima considerazione empirica, inoltre, si ravvede una certa correlazione tra la rilevanza data alla ricerca effettuata sui temi inerenti alla Blockchain e l’organizzazione di proposte formative ad hoc.In base a questa semplice osservazione, può apparire sensato invertire il percorso d’indagine, focalizzando l’analisi, prima ancora che sui contenuti, sulle tipologie di formatori di cui avremo bisogno in futuro e sulle modalità della formazione.
Per un docente universitario, la risposta dovrebbe essere piuttosto ovvia: abbiamo bisogno di un’attività di ricerca rilevante. Una ricerca adeguata, infatti, spesso significa avere anche insegnamenti adeguati, soprattutto nel caso in cui si abbia a che fare con argomenti in rapida evoluzione, come è per la Blockchain. Generalmente, però, anche l’approccio seguito per la definizione della proposta formativa rispecchia quello della ricerca e, in molti casi, entrambe risentono della mancanza d’interdisciplinarità.
Così, trovare nello stesso corso approcci diversi per un medesimo argomento, in termini di metodo e contenuti, è insolito. Ad esempio, quando un informatico definisce cosa sia un token, la risposta, molto probabilmente, sarà ‘il prodotto del coding’. Tuttavia, un economista e un giurista non risponderanno nello stesso modo. Verosimilmente, penseranno a un token in termini, rispettivamente, di un bene o di un’attività, il primo, o come a un diritto di proprietà, oppure a un titolo di credito, il secondo.
Difficile trovare, oggi, uno studioso che possa padroneggiare i diversi aspetti relativi alla ‘natura’ di un token. E comprenderne le conseguenze. E ciò non ha effetti soltanto per la ricerca, ma anche sugli aspetti applicativi della tecnologia blockchain se non anche su quelli legislativi e regolativi.
Qualora si condividesse quest’analisi, occorre ulteriormente osservare che l’interdisciplinarità porta alla naturale esigenza di un linguaggio comune tra i formatori delle scienze quantitative (matematici, informatici, ingegneri, etc.) e quelli delle scienze sociali. L’interdisciplinarità e un linguaggio comune rivestono insieme una funzione strategica nella formazione di docenti adeguati all’esigenze che la tecnologia blockchain porrà in prospettiva.
Ad esempio, come potrà un docente di diritto introdurre gli smart contract a una platea di studenti di giurisprudenza, senza conoscere almeno i fondamentali aspetti tecnici relativi alla loro scrittura informatica? A oggi, è raro trovare docenti con conoscenze così poliedriche, almeno in Europa. Ne segue un’ulteriore considerazione. Il settore della formazione superiore, specialmente quello universitario, è atteso da un cambiamento epocale. Infatti, sta aumentando la pressione di soggetti diversi da quelli autorizzati a svolgere attività formativa in via istituzionale. Inoltre, sono in aumento proposte educative online di elevato standard in cui sono gli studenti stessi, seguendo un percorso formativo personalizzato, a individuare i corsi che soddisfano meglio, a proprio avviso, le proprie specifiche esigenze lavorative e professionali.
Dunque, in sintesi, le caratteristiche di un percorso formativo adeguato alle nuove tecnologie disruptive sono l’interdisciplinarità, un linguaggio comune e percorsi formativi personalizzabili.
Si tratta di un obiettivo da raggiungere, certamente, che non è ancora realtà. Se andiamo a verificare quali sono le competenze richieste per lavorare con blockchain, quelle più ricercate finora si trovano nel settore informatico, come, ad esempio, i blockchain developer.
In questa fase dello sviluppo della tecnologia blockchain, è comprensibile attenderselo. Ma in un futuro presumibilmente non lontano? Secondo un post pubblicato sul blog di LinkedIn all’inizio di gennaio quest’anno, la Blockchain ricopre la prima posizione nella classifica delle prime dieci hard skill nella maggior parte dei paesi in cui tale tecnologia sta ricevendo un crescente utilizzo (USA, Regno Unito, Francia, Germania e Australia). Si potrebbe obiettare che la survey è precedente alla pandemia. E che l’esito, oggi, potrebbe essere diverso. Pare a mio avviso significativo, tuttavia, un report rilasciato dal Ministero delle Risorse Umane e della Sicurezza Sociale cinese lo scorso 11 maggio. Nel report si afferma che ‘per contribuire alla prevenzione e al controllo della pandemia e promuovere l’occupazione e la nascita di nuove imprese’, il China Employment Training Technical Guidance Center ‘sollecita la formazione di professionalità’ che si concentrino sulla tecnologia Blockchain. In particolare, si auspica la formazione di tech developer, ingegneri, consulenti e analisti. Questo è senz’altro un fatto emblematico di come la Blockchain possa essere rilevante nel mondo post-pandemia.
Siamo in una fase iniziale, certo, ma, come sappiamo, la formazione di nuove professionalità può richiedere molto tempo. Quindi, è auspicabile agire il prima possibile se vogliamo promuovere al meglio lo sviluppo delle Blockchains in tutti quei settori che potranno essere interessati. Non potremo contribuire al miglior esito se non daremo prospettive di formazione in qualsiasi settore dell’apprendimento. Oggi, il contenuto critico riguarda l’informatica, il coding e la crittografia. Presto, le esigenze formative saranno strettamente connesse all’adozione di tale tecnologia e coinvolgerà anche gli aspetti economici e giuridici. Non lo sostengo in quanto giurista. Molti studiosi delle scienze quantitative ritengono che le questioni giuridiche costituiscano un punto di svolta per lo sviluppo della Blockchain. E se alla fine di questo processo avremo una tokenomics, non potremo più fare a meno d’introdurre la Blockchain nella filiera della conoscenza a qualsiasi livello. da corrierecominicazioni.it, prof. Filippo Zatti