I DATI ITALIANI SUL COVID-19 : “SE UNO SU MILLE VI SEMBRAN POCHI”

L’indagine Istat conclusa a inizio agosto ha mostrato che in Italia allora c’erano un milione e mezzo di persone con anticorpi, ossia che avevano contratto il virus e ne erano guariti o erano in via di guarigione, la grandissima maggioranza asintomatici o paucisintomatici, ma che per un certo periodo sono stati in grado di trasmettere ad altri il virus. Fra febbraio e luglio i positivi conclamati sono stati all’incirca 250 mila. Ciò significa che fra febbraio e luglio i tamponi hanno individuato una persona con il virus ogni sei.
In Italia nel corso delle ultime due settimane sono state individuate mediamente ogni giorno 1.000 persone positive. Supponiamo che la maggiore attenzione epidemiologica verso gli asintomatici permetta oggi di rintracciare un positivo ogni cinque, in luogo di uno ogni sei come nella fase acuta dell’epidemia. Se ciò è verosimile, ogni giorno 1.000×4=4.000 nuove persone contagiate (asintomatiche o poco sintomatiche, ma in grado di contagiare) non sanno di esserlo. Poiché un positivo resta tale mediamente  per 15 giorni, si può stimare che oggi in Italia siano in circolazione 4.000×15=60 mila positivi inconsapevoli. Gli italiani sono 60 milioni: quindi, se questi calcoli sono corretti potrebbe oggi esserci un positivo inconsapevole ogni 1.000 residenti in Italia.
Non sono pochi, anche perché questi numeri non sono gli stessi per tutta l’Italia. Ad esempio, si può stimare che nel Veneto – dove nelle ultime due settimane i contagi sono stati più numerosi rispetto alla media italiana – i positivi inconsapevoli siano uno ogni 600 residenti. Inoltre, all’interno di alcuni gruppi sociali i positivi inconsapevoli sono probabilmente una proporzione maggiore, specialmente fra i giovani (l’età media dei tamponi positivi è oggi inferiore a 30 anni, quando era superiore ai 50 nel pieno della pandemia) e fra quanti hanno contatti con molte persone.
Questi dati suggeriscono la necessità di mantenere le precauzioni che ormai abbiamo imparato a conoscere: per tutti, ma specialmente per le persone che – contraendo il virus – rischierebbero di sviluppare sintomi gravi, come gli anziani e le persone immunodepresse. Anche perché il virus non ha perso di aggressività.
Tuttavia, non bisogna essere terrorizzati dal rischio di contagio. I numeri oggi non sono tali da costringerci a stare chiusi in casa né a evitare attività collettive come fare sport, andare a messa, frequentare luoghi pubblici.
È però fondamentale lavarci di frequente le mani, mantenere la distanza fisica, portare la mascherina nei luoghi chiusi collettivi e quando parliamo con sconosciuti, limitare per quanto possibile i contatti fisici ravvicinati. È anche importante scaricare la App Immuni, e in ogni caso favorire il tracciamento dei nostri contatti. Apriamo le scuole, ma rispettiamo con grande rigore le regole stabilite. Non possiamo ancora permetterci gli stadi, le discoteche, i grandi concerti, le manifestazioni pubbliche affollate. Anche nei treni e nei bus rispettiamo con rigore il distanziamento fisico e indossiamo la mascherina. Infine, come continua a esortare il professor Crisanti, vanno moltiplicati i tamponi, per fare “terra bruciata” attorno ai positivi conclamati.
Il rischio zero non esiste, ma comportamenti responsabili – individuali e collettivi – contribuiscono alla sua riduzione. Il virus c’è, ma dobbiamo e possiamo conviverci. da neodemos.info, di Giampiero Della Zuanna

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