COME IL COVID-19 HA MODIFICATO LA NOSTRA MOBILITÀ. ANALISI CON I DATI DEGLI SMARTPHONE

Uno degli effetti più eclatanti e visibili della pandemia è stata la forte riduzione della mobilità sul territorio sia tra i paesi, sia al loro interno. La mobilità internazionale ha sperimentato un vero e proprio congelamento globale senza precedenti. Al 31 marzo 2020, più del 90% della popolazione mondiale, ovvero 7,1 miliardi di persone, viveva in paesi con restrizioni sui movimenti legate al COVID-19 e circa 3 miliardi di persone, pari al 39% della popolazione mondiale, vivevano in paesi con confini completamente chiusi a non cittadini e non residenti (Pew Research Center, 2020). Ma anche la mobilità all’interno dei singoli paesi è stata fortemente ridimensionata. Le misure restrittive sugli spostamenti unite alle limitazioni volontarie per ridurre il rischio di contrarre il virus, hanno spinto le persone a modificare sostanzialmente le loro abitudini di mobilità. Ma quanto è stato intenso il freno agli spostamenti nel lockdown e com’è cambiata la mobilità degli italiani nella quarantena e nei mesi successivi?

Un modo per rispondere a questa domanda consiste nel guardare ai dati sugli spostamenti registrati dai nostri smartphones. Attraverso la loro geolocalizzazione, Google fornisce periodicamente una stima del numero relativo di visitatori in specifiche categorie di luoghi rispetto a un livello di riferimento (identificato dal valore mediano, calcolato per i vari giorni della settimana, nel periodo compreso tra il 3 gennaio e il 6 febbraio 2020). Le categorie di spostamento considerati sono le seguenti: alimentari e farmacie (negozi di alimentari e magazzini per prodotti alimentari, mercati agricoli, negozi di specialità gastronomiche, parafarmacie e farmacie); parchi e spiagge (parchi locali e nazionali, spiagge pubbliche, porti turistici, aree cani, piazze e giardini pubblici); stazioni e fermate bus (hub del trasporto pubblico, stazioni ferroviarie, della metropolitana e degli autobus); shopping e tempo libero (ristoranti, bar, centri commerciali, parchi a tema, musei, biblioteche e cinema); luoghi di lavoro; zone residenziali.

La figura riporta la serie giornaliera dei dati per ognuna di queste categorie per l’intero territorio nazionale in relazione ai valori medi osservati immediatamente prima lo scoppio dell’epidemia. Per evitare la forte variabilità tra giorni feriali e fine settimane, i grafici riportano le medie mobili centrate su sette giorni consecutivi. L’effetto lockdown è chiaramente visibile in ognuna delle serie riportate. Tuttavia, emergono alcune interessanti differenze. Se escludiamo gli spostamenti verso i parchi e le spiagge, che riprendono velocemente quota nel mese di maggio per poi esplodere, come ampiamente prevedibile, nei mesi estivi e soprattutto nel periodo ferragostano, gli altri spostamenti riprendono più lentamente e, nonostante la bella stagione, non riescono a tornare ai livelli pre-epidemia. Questo è particolarmente evidente per gli spostamenti verso i luoghi di lavoro che, a parte la riduzione, anche questa prevedibile, nel periodo delle ferie agostane, si attesta su livelli che sono all’incirca del 20% inferiori a quelli del periodo di riferimento. È questa una misura, con tutti i limiti della fonte utilizzata1, dell’effetto da un lato della diffusione dello smart-working e dall’altro, della crisi occupazionale. Un andamento simile si registra per i movimenti verso i luoghi di transito come le stazioni di trasporto pubblico che restano, anche nel mese di settembre, ben al di sotto del livello di gennaio 2020. Al contrario, la mobilità verso i luoghi commerciali e di uso del tempo libero, dopo il tonfo nel lockdown tende lentamente a convergere nei mesi estivi al livello di riferimento. Un discorso simile può essere fatto anche per gli spostamenti verso gli alimentari e le farmacie, i quali, tuttavia, risultando destinazioni spesso obbligate, hanno risentito in misura minore delle restrizioni imposte alla mobilità. da neodemos.it, Roberto Impaggiatore

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