COMUNI. COMMISSIONI CONSILIARI PERMANENTI: DEFINIZIONE DI MAGGIORANZA E MINORANZA CONSILIARE

Un consigliere comunale ha posto un quesito in merito alla corretta composizione delle commissioni consiliari permanenti, in relazione all’individuazione della maggioranza e della minoranza consiliare. In particolare, è stato rappresentato che un consigliere facente parte di un gruppo di due, originariamente collocato come minoranza in quanto espressione di una lista il cui candidato sindaco non è risultato vincitore alle elezioni, ha dapprima votato a favore degli indirizzi programmatici del sindaco e continua, ancora oggi, a votare favorevolmente tutti gli atti dell’amministrazione sottoposti all’aula. Al riguardo, si osserva, in via preliminare, che le commissioni consiliari previste dall’articolo 38, comma 6, del decreto legislativo n.267/00, una volta istituite sulla base di una facoltativa previsione statutaria, sono disciplinate dal regolamento comunale con l’unico limite, posto dal legislatore, riguardante il rispetto del criterio proporzionale nella composizione. Ciò significa che le forze politiche presenti in consiglio devono essere il più possibile rispecchiate anche nelle commissioni, in modo che in ciascuna di esse sia riprodotto il loro peso numerico e di voto. Quanto al rispetto del criterio proporzionale previsto dal citato articolo 38, il legislatore non precisa come lo stesso debba essere declinato in concreto. Il regolamento, a cui sono demandate la determinazione dei poteri delle commissioni, nonché la disciplina dell’organizzazione e delle forme di pubblicità dei lavori, dovrebbe stabilire anche i meccanismi idonei a garantirne il rispetto. Lo statuto comunale, all’articolo 33, prevede la formazione dei gruppi consiliari e della conferenza dei capigruppo, demandandone la costituzione al regolamento consiliare nel rispetto del principio dell’appartenenza di tutti i consiglieri ad un gruppo consiliare, con la previsione che i gruppi consiliari si costituiscono, di norma, in relazione alle liste elettorali di appartenenza anche se composte da un solo consigliere. Inoltre, l’articolo 43 del medesimo statuto stabilisce che le commissioni permanenti sono costituite con criterio proporzionale, secondo la consistenza dei gruppi. Il successivo articolo 45 recante la “Tutela delle minoranze”, individua le minoranze consiliari nei consiglieri che non hanno espresso consenso agli indirizzi generali di governo o abbiano successivamente formalizzato la propria opposizione. L’articolo 10 del regolamento del consiglio comunale ribadisce il concetto statutario secondo il quale per minoranza si intendono i consiglieri che non hanno espresso consenso agli indirizzi generali di governo, mentre l’art.11 conferma che tutti i consiglieri debbono appartenere ad un gruppo consiliare, eccezion fatta per il sindaco e che i consiglieri eletti nella medesima lista formano di regola un gruppo consiliare. L’ente ha adottato anche il regolamento delle commissioni consiliari, disponendo all’articolo 3, che ogni consigliere può far parte di non più di due commissioni e demandando a successiva deliberazione consiliare la fissazione del numero dei componenti delle commissioni consiliari permanenti in modo che sia, per quanto possibile, uguale in tutte le commissioni, e con criterio proporzionale, tenendo conto della consistenza numerica dei gruppi rappresentati in consiglio e prevedendo che il rapporto numerico esistente nel consiglio tra maggioranza e minoranza non deve essere in alcun modo alterato. Ciò posto, si osserva, che la legge non fornisce una definizione di maggioranza o di minoranza. In proposito, il Consiglio di Stato con sentenza n.4600/2003 ha rilevato che “la nozione di minoranza … va definita con esclusivo riferimento alle liste collegate ad un candidato sindaco non eletto e che, quindi, nel confronto elettorale sono risultate sconfitte, risultando tale parametro preferibile a quello che ammette una qualificazione della ‘minoranza’ con riguardo ad eventi politici successivi alle elezioni”, ma è anche vero che lo stesso giudice ammette implicitamente la possibilità di “decifrare in senso dinamico e propriamente politico la nozione di minoranza”. Il giudice giunge, poi, alla conclusione che “si deve negare che la collaborazione con la giunta di un solo consigliere eletto in una lista inizialmente contrapposta a quella collegata al candidato sindaco risultato eletto, implichi automaticamente, ed in difetto della comprovata adesione politica al governo del comune di tutti i membri della lista originariamente di opposizione, il transito di questi ultimi nella maggioranza e, quindi, la necessità della loro partecipazione in quella quota alle elezioni dei rappresentati del consiglio comunale (nel caso di specie) alla comunità montana, con voto separato”. Nel caso in esame, l’ente si è dotato di norme che specificano il concetto di minoranza in senso dinamico e la loro applicazione è ammessa fino ad eventuale revoca da parte del consiglio comunale o per l’effetto di pronunciamenti del giudice. Tuttavia, sussistendo diversità di orientamenti all’interno del medesimo gruppo consiliare che, a quanto pare rimane statico nella propria composizione (ossia il componente dissenziente dalla linea politica del gruppo di minoranza non opta per il passaggio ad altri gruppi che si riconoscono nella maggioranza) ed essendo demandata la formazione delle commissioni alla proporzionalità riferita ai gruppi esistenti, sussiste un oggettivo vulnus a cui potrebbe porre rimedio il consiglio comunale, con propria deliberazione, in applicazione proprio del principio di autonomia. Si osserva, altresì, che la collocazione dinamica dei consiglieri alla maggioranza o alla minoranza, ammessa in virtù del mancato vincolo relativo al mandato imperativo – anche alla luce della lettura della citata decisione del C.d.S. n.4600/2003 – passa attraverso i movimenti tra i gruppi. Infatti, il caso prospettato si inquadra nell’ambito dei possibili mutamenti che possono sopravvenire all’interno delle forze politiche presenti in consiglio comunale per effetto di dissociazioni dall’originario gruppo di appartenenza, comportanti la costituzione di nuovi gruppi consiliari ovvero l’adesione a diversi gruppi esistenti con diretta influenza sulla composizione delle commissioni consiliari che deve, pertanto, adeguarsi ai nuovi assetti. Riguardo alla formazione delle commissioni permanenti, si osserva che l’indirizzo giurisprudenziale prevalente in materia – con l’eccezione della sentenza contraria del TAR Puglia–Lecce n.516/2013 – è quello relativo al criterio proporzionale che può dirsi rispettato solo ove sia assicurata, in ogni commissione, la presenza di ciascun gruppo – anche se formato da un solo consigliere – presente in consiglio (v. T.A.R. Lombardia, Brescia, 4.7.1992 n.796; T.A.R. Lombardia, Milano, 3.5.1996, n.567). Il predetto assunto, peraltro, è stato ribadito dal Consiglio di Stato, il quale, con parere n.04323 del 14 aprile 2010 emesso su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha precisato “come da consolidata giurisprudenza dalla quale la Sezione non intende discostarsi, il criterio di proporzionalità di rappresentanza della minoranza non può prescindere dalla presenza in ciascuna commissione permanente di almeno un rappresentante di ciascun gruppo consiliare. In tal caso il criterio di proporzionalità si può esplicare attraverso il voto ponderato (v. anche TAR Lombardia, Sez.II, 19.11.1996, n.1661) o plurimo assegnato a ciascun componente della commissione in ragione corrispondente a quello della forza politica rappresentata nel consiglio comunale, vale a dire corrispondente al numero di voti di cui dispone il gruppo di appartenenza in seno al consiglio, diviso per il numero dei rappresentanti della stessa lista nella commissione interessata” (v. anche da T.A.R. Campania-Salerno n.2714 del 20.12.2016 che ha richiamato l’orientamento ministeriale). Nel caso di specie, considerato che l’articolo 9 del regolamento delle commissioni consiliari dispone che i consiglieri possono partecipare anche ai lavori delle commissioni di cui non fanno parte, esercitando tutti i diritti dei componenti delle commissioni tranne quello di voto, il diritto dei singoli gruppi ad avere contezza dei lavori consiliari appare parzialmente garantito, ferma restando la necessità per l’amministrazione di valutare le modifiche regolamentari per adeguarsi al principio stabilito dal Consiglio di Stato con il citato parere n.04323/2009. da dait.interno.gov.it

Commissioni consiliari, Consiglio di Stato

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