Le richieste generiche in sede di accesso agli atti sono incompatibili con l’economicità e la tempestività dell’azione amministrativa. iL TAR Lazio si è pronunciato con una sentenza n. 13188 del 9 dicembre 2020, Sez. II quarter.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che se, in linea di principio, non può pretendersi che l’istante in sede di accesso agli atti indichi specifici dati (quali il numero di protocollo e la data di formazione di un atto) non in suo possesso, è tuttavia necessario che siano fornite all’amministrazione – specie a fronte, come nel caso in esame, di una attività provvedimentale assai risalente nel tempo – indicazioni precise e circostanziate che consentano di individuare, con certezza, gli atti richiesti a prescindere dal compimento di defaticanti attività di ricerca ed elaborazione degli stessi.
Ciò proprio allo scopo di “di coniugare il diritto alla trasparenza con l’esigenza di non pregiudicare, attraverso un improprio esercizio del diritto di accesso, il buon andamento dell’Amministrazione, riversando sulla stessa l’onere di reperire documentazione inerente un determinato segmento di attività.
Richieste generiche, infatti, sottoporrebbero l’Amministrazione a ricerche incompatibili sia con la funzionalità dei plessi, sia con l’economicità e la tempestività dell’azione amministrativa.
In altri termini, a prescindere dalla specifica indicazione della data e del numero di protocollo attribuito agli atti richiesti, non v’è dubbio come l’accesso non possa costringere l’Amministrazione ad attività di ricerca ed elaborazione dati, di guisa che la relativa istanza non può essere generica, eccessivamente estesa o riferita ad atti non specificamente individuati”.
da ildirittoamministrativo.it