IL FUTURO DELLA FECONDITÀ DOPO COVID-19. COSA SI ASPETTANO I DEMOGRAFI? IL RAPPORTO DEI DEMOGRAFI PER IL DIPARTIMENTO PER LE POLITICHE DELLA FAMIGLIA DEL GOVERNO

Si è da poco concluso un anno vissuto in modo del tutto inedito nella storia dell’Italia repubblicana. Dal punto di vista demografico la pandemia ha colpito in modo particolarmente duro il nostro paese sul versante dei decessi. Ma anche altri comportamenti demografici hanno risentito fortemente delle conseguenze della crisi sanitaria.

I dati delle ricerche presentate nel Rapporto “L’impatto della pandemia di COVID -19 su natalità e condizione delle nuove generazioni” – curato dal Gruppo di esperti su “Demografia e Covid-19” (istituito presso il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri) evidenziano come in tutto il mondo le misure di contenimento del contagio abbiamo impoverito molte famiglie, ridotto le opportunità di occupazione delle nuove generazioni, frenato la realizzazione dei loro progetti di vita, reso più complicata la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro.

Rispetto alle ricadute sulla natalità, le evidenze finora disponibili mostrano una prevalenza, almeno nelle società mature avanzate, dei fattori che possono aver agito negativamente rispetto a quelli potenzialmente positivi (si veda anche neodemos Baby boom da COVID-19? No). Riguardo al nostro paese, da un lato i fattori che agiscono negativamente (difficoltà oggettive e quadro di incertezza) possono risultare ancora più accentuati per le condizioni di fragilità già presenti prima della pandemia; d’altro lato, le conseguenze stesse di un’ulteriore riduzione delle nascite sono ancor più pesanti per l’aggravamento dei già forti squilibri demografici.

L’impatto dell’emergenza

Con l’obiettivo di raccogliere le opinioni della più ampia collettività scientifica della Demografia italiana, nel mese di novembre 2020 è stato proposto un breve sondaggio tra gli aderenti all’Associazione Italiana per gli Studi di Popolazione della Società Italiana di Statistica (SIS-AISP).

Alla rilevazione hanno risposto 75 esperti, 55 dei quali appartenenti alla comunità accademica. Poiché questa si compone ad oggi di 74 persone (dato MIUR consultato il 29.11.2020), ciò significa che sono state raccolte le opinioni della stragrande maggioranza dei professori e ricercatori universitari italiani afferenti al settore scientifico-disciplinare della Demografia. A questi, si aggiungono le risposte di ricercatori in qualificati istituti di ricerca, professori emeriti, studiosi in organismi internazionali. I dati che presentiamo forniscono, quindi, un ritratto solido della valutazione dei più qualificati esperti del nostro paese sulla situazione demografica e sulle dinamiche della fecondità. I rispondenti sono per il 56% donne e per il 30% di età inferiore ai 40 anni.

Ad essi abbiamo posto domande molto mirate sull’evoluzione della fecondità come impatto della pandemia, facendo riferimento alle ipotesi formulate dall’Istat (Neodemos – Effetti demografici di Covid-19: scenari di natalità) e considerando le misure del Governo già annunciate a favore della famiglia (Family Act) e quelle in fase di definizione a livello europeo (Next Generation EU).

La posizione di fondo emersa è quella di un sostanziale pessimismo circa i futuri livelli della fecondità: il 75% ritiene che lo scenario più verosimile sia quello di una riduzione ulteriore dei concepimenti nel 2020 (e corrispondentemente di nascite nel 2021) mentre solo poco più del 5% si aspetta un impatto positivo (Figura 1).

La grande maggioranza degli esperti intervistati pensa che in assenza della crisi sanitaria il numero medio di figli per donna del 2020 sarebbe rimasto simile (o con variazione minima) rispetto al valore osservato nel 2019. Larghissima è invece la convinzione che con l’impatto della pandemia si potrà osservare già nel 2020 una riduzione più marcata. L’impatto maggiore è però atteso per il 2021. Per tale anno l’opinione che si possa registrare un valore inferiore a quello bassissimo del 2019 è condivisa da circa l’80% degli esperti intervistati.

Con questi convincimenti, le ipotesi formulate dall’Istat circa il numero di nascite che si registreranno nel 2020 (circa 408mila) e nel 2021 (sotto le 390mila) sono considerate realistiche e condivisibili da quasi il 60% degli esperti. Seppur minoritaria non è comunque trascurabile (pari al 30%) la parte di chi è leggermente più ottimista e prevede che si rimarrà comunque sopra la soglia di 400mila nuovi nati nel 2021.

Le prospettive del dopo emergenza

Quanto alle iniziative che possono essere messe in campo per contrastare il declino della fecondità – ancor più a fronte dell’impatto della pandemia – le opinioni degli esperti sono più articolate (Tabella 1). Circa il 23% ritiene che le misure che il Governo ha intenzione di realizzare saranno inefficaci. Un altro 27% pensa che siano utili, ma non in grado di invertire la tendenza (solo di contenere ulteriori riduzioni). Metà degli intervistati è invece più positiva e convinta che – se si utilizzeranno adeguatamente i finanziamenti di Next Generation Eu in combinazione con una piena applicazione del Family Act – si possa avviare dopo il 2021 una fase di ripresa della fecondità.

Infine, nelle opinioni che si potevano manifestare come risposta aperta alla fine dell’intervista, gli intervistati hanno sottolineato, in particolare, l’importanza cruciale sulle scelte riproduttive del contesto generale del paese (rispetto al clima sociale e sul piano economico) e dei tempi di implementazione piena del sistema integrato di misure contenute nel Family Act.

da neodemos.info, di Alessandra De Rose, Alessandro Rosina

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