Con una sua sentenza, 1° febbraio 2021, n. 129, il Consiglio di Stato, Sez. I, si esprime sui criteri di approvazione dello statuto comunale. Ai sensi dell’art. 6, comma 4, Testo Unico, n. 267 del 2000, che richiede per l’approvazione dello statuto e per le modifiche statutarie in prima seduta il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati, ai fini del quorum deve computarsi anche il sindaco, in quanto non espressamente escluso dalla disposizione normativa.
In sede di approvazione e modifiche dello Statuto comunale, la maggioranza richiesta per la deliberazione è definita dalla norma indicando una frazione (un terzo, due terzi, etc.) del numero complessivo dei componenti (che è variabile in funzione della classe demografica di appartenenza dell’ente locale); ove il risultato della divisione del numero dei componenti l’organo collegiale (o dei consiglieri assegnati) dia un resto in decimali, ai fini del calcolo dell’arrotondamento, nel caso in cui la maggioranza richiesta per la deliberazione sia definita dalla norma indicando una frazione del numero complessivo dei componenti e il risultato della divisione del numero dei componenti l’organo collegiale dia un resto in decimali, in assenza di indicazioni normative espresse di segno diverso si deve procedere all’arrotondamento per eccesso alla cifra intera superiore.
Il Consiglio di Stato chiarisce che il sindaco costituisce uno degli organi di governo del comune (art. 36 TUEL, insieme al consiglio e alla giunta); è l’organo responsabile dell’amministrazione del comune e ne ha rappresentanza (art. 50 TUEL); nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti presiede il consiglio comunale e lo convoca (art. 39 TUEL); nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti è prevista invece l’elezione di un presidente del consiglio comunale); ha normalmente, comunque, diritto di voto in seno al consiglio; è il capo della formazione politica di maggioranza ed è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente all’elezione del consiglio comunale (con il sistema elettorale maggioritario nei comuni sino a 15.000 abitanti); l’art. 37 del TUEL prevede che “il consiglio comunale è composto dal sindaco e . . [un numero variabile, a seconda della classe demografica, di] membri”.
La Corte costituzionale (con la sentenza 20 febbraio 1997, n. 44), ha chiarito che, pur a seguito della nuova disciplina dettata dalla l. n. 81 del 1993 sulla elezione diretta del sindaco, restano applicabili nei suoi confronti le disposizioni dell’art. 3, l. n. 154 del 1981 in tema di cause di incompatibilità con la carica di consigliere comunale, e ciò sul rilievo che il sindaco riveste comunque, pur nel nuovo sistema, la carica di consigliere comunale.
Il Consiglio di Stato ha affermato che la norma del TUEL specificamente dedicata alla composizione del consiglio comunale (art. 37, “Composizione dei consigli”), sembra distinguere la posizione del sindaco rispetto a quella dei consiglieri assegnati (“Il consiglio comunale è composto dal sindaco e: a) da 60 [50, 46, etc.] membri nei comuni con popolazione superiore a . . .”). Ma questa circostanza non appare decisiva, né risulta valorizzata dalla giurisprudenza. Anzi, la sezione V, con sentenza 5 settembre 2012, n. 4694), ha sostenuto che il sindaco, in quanto consigliere comunale ai sensi dell’art. 39 del TUEL, deve essere computato ai fini del calcolo della maggioranza qualificata necessaria per l’elezione del presidente del consiglio comunale (in una fattispecie nella quale lo statuto e il regolamento comunali stabilivano il quorum per l’elezione del presidente del consiglio comunale nei due terzi dei consiglieri assegnati al comune, senza ulteriori precisazioni). da ildirittoamministrativo.it
Consiglio di Stato- 04.02.2021-Criterio-approvazione-statuto