Le risorse pubbliche destinate a finanziare la fornitura di servizi ai cittadini sono considerevoli: in Italia ammontano a circa il 20 per cento del Pil.
Alcuni servizi – come, per esempio, la difesa nazionale e l’illuminazione pubblica – sono “beni pubblici”, altri presentano esternalità positive. In presenza di “fallimenti del mercato” neanche l’intervento diretto dello stato assicura tuttavia il raggiungimento del risultato ottimale. Occorre considerare i costi opportunità (si pensi all’uso alternativo delle risorse), i potenziali effetti collaterali (derivanti, per esempio, dal modo in cui i servizi sono finanziati) e i cosiddetti “fallimenti dello stato”, che si verificano quando politici, regolamentatori o gruppi di pressione perseguono i propri interessi invece che il bene comune.
La teoria economica non fornisce indicazioni precise, la scelta tra sistemi e modelli organizzativi di fornitura deve quindi tenere conto, oltre che di considerazioni di equità sociale, della capacità del settore pubblico di offrire servizi di buona qualità utilizzando in maniera efficiente le risorse a propria disposizione.
La misurazione della performance del settore pubblico è tuttavia problematica. La costruzione di indicatori specifici e osservabili di efficacia, come succedaneo del giudizio del mercato, incontra diverse difficoltà legate soprattutto alla definizione degli obiettivi e alla verifica del loro conseguimento. I servizi pubblici spesso perseguono più obiettivi simultaneamente, il che rende necessario un qualche criterio di ponderazione (l’istruzione pubblica, per esempio, mira a fornire nozioni, creare professionalità, formare cittadini, facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro); non sempre a ogni obiettivo corrisponde un risultato misurabile (l’obiettivo di un sistema sanitario può essere l’allungamento della vita media e il miglioramento della sua qualità, ma come si misura quest’ultima?); i risultati possono prodursi su un arco di tempo prolungato (l’attività di ricerca svolta oggi può dare frutti tra molti anni); gli utenti dei servizi non sono omogeneamente distribuiti (gli studenti di una scuola possono essere mediamente più dotati di quelli di un’altra; i pazienti trattati da un ospedale possono essere mediamente più gravi di quelli trattati da un altro). Per la misurazione dell’efficienza, le tecniche proposte in letteratura differiscono sotto diversi aspetti e, purtroppo, i risultati spesso variano a seconda della tecnica utilizzata.
È quindi opportuno affiancare a misure oggettive indagini sul grado di soddisfazione dei cittadini. Anche il loro utilizzo non è però senza difficoltà: i giudizi possono non essere formulati sulla base di esperienze dirette e si fondano sul confronto tra risultati e attese, che possono essere molto disomogenee tra diverse aree.
Gli indicatori disponibili
Gli indicatori disponibili, basati sia su esperienze sia su percezioni, mostrano un’ampia disparità nella qualità dell’amministrazione pubblica tra paesi e tra aree geografiche in Italia.
Lo European Quality of Government Index (Eqi), per esempio, considera esperienze e percezioni dei cittadini riguardo alla corruzione del settore pubblico e alla qualità e al grado di imparzialità nella distribuzione dei servizi pubblici. L’indagine del 2017 include 202 regioni ed è rivolta a circa 78 mila cittadini. I dati sono standardizzati con media zero, e voti più alti corrispondono a qualità dell’amministrazione pubblica più elevata. L’indice mostra profonde differenze tra Nord e Sud Europa, tra Europa dell’Ovest e dell’Est e una dispersione relativamente ampia tra regioni in Italia (figura 1).
Indicazioni qualitativamente simili emergono da altre fonti. La figura 2 offre una misura oggettiva utilizzata dalla Banca Mondiale, insieme ad altre, per valutare la capacità dello Stato di creare un ambiente favorevole all’attività di impresa (ease of doing business). Le analisi condotte nel 2020 riguardano oltre duecento paesi e, per l’Italia, tredici città. Il numero di giorni per ottenere un permesso di costruzione in Italia è oltre il doppio di quello necessario negli Stati Uniti e circa una volta e mezzo quello della Germania (figura 2a); a Reggio Calabria è circa tre volte quello necessario a Milano (figura 2b).
Una misura della performance del settore pubblico tratta dal World Economic Forum’s Executive Opinion Survey – basata su opinioni espresse da circa 15 mila imprese e ottenuta come media di tre indicatori (peso della regolamentazione, efficienza del sistema giudiziario nel risolvere controversie, grado di digitalizzazione) – fornisce indicazioni analoghe (figura 3).
Guadagni di produttività da servizi più efficienti
Ma quanto è importante avere servizi pubblici efficienti? Un lavoro, che utilizza dati relativi alle province italiane, mostra che l’efficienza del settore pubblico ha un effetto positivo e significativo sulla produttività delle imprese. La dimensione dell’effetto stimato è considerevole.
Prendiamo come esempio un’impresa che produce materiali elettrici (75esimo percentile di dipendenza dal settore pubblico). In una provincia che si colloca nel quartile superiore per efficienza del settore pubblico, il prodotto (valore aggiunto lordo) per euro speso per il personale è del 13 per cento (6 per cento) più elevato che in una provincia al 25esimo percentile; il rendimento delle attività è di 25 punti base più alto. I guadagni di produttività che si realizzerebbero se l’efficienza dell’amministrazione pubblica raggiungesse il livello più alto in tutte le province sarebbero rilevanti: la produttività delle imprese, misurata dal prodotto per costo del personale, potrebbe aumentare fino al 22 per cento, nei settori che più dipendono dal settore pubblico.
da lavoce.info, Raffaela Giordano