Dal prossimo 1° aprile terminerà lo stato di emergenza legato alla pandemia di Covid-19, ma la normativa sullo smart working “semplificato” continuerà ad essere applicata nel settore privato. A differenza di quanto precedentemente previsto, e come indicato dal cosiddetto Decreto Covid approvato lo scorso 17 marzo (pubblichiamo la bozza), il Governo ha infatti stabilito che le procedure semplificate per accedere al lavoro agile resteranno in vigore fino al 30 giugno.
Ciò significa che fino alla fine di giugno non sarà necessario sottoscrivere gli accordi individuali con i singoli lavoratori, come previsto dalla legge 81 del 2017.
Resta inoltre valida la procedura semplificata per la comunicazione degli accordi al Ministero del Lavoro, come già previsto dal Decreto Sostegni ter. Alle aziende basterà quindi indicare – anche solo via mail e in maniera massiva – i nominativi dei lavoratori coinvolti e le date di inizio e cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile.
Si tratta di una scelta orientata a sostenere la diffusione dello smart working, almeno nel settore privato, oltre l’emergenza pandemica. Almeno nei prossimi mesi. Una decisione che senza dubbio permetterà di sfruttare una modalità di lavoro che, per molti, è stata importante per conciliare i tempi di vita e lavoro al di là del Covid. Come spieghiamo qui, tale opportunità dallo scorso ottobre non è più prevista per i lavoratori del settore pubblico. E questo è un peccato.
Nella Pubblica amministrazione gli accordi individuali e tramite sindacati sono già obbligatori. Tanto che sono state stilate delle apposite linee guida (che pubblichiamo di nuovo). Fino al 30 giugno 2022 quindi la differenza fondamentale tra pubblico e privato sta nell’obbligatorietà, per il settore pubblico, dell’accordo individuale, come previsto dalla legge 81/2017.
Ogni amministrazione pubblica può programmare il lavoro agile con una rotazione del personale settimanale, mensile o plurimensile e deve fornire al lavoratore una dotazione tecnologica idonea. Nel dettaglio l’accordo deve contenere alcune voci:
a) durata dell’accordo, avendo presente che lo stesso può essere a termine o a tempo indeterminato;
b) modalità di svolgimento della prestazione lavorativa fuori dalla sede abituale di lavoro, con specifica indicazione delle giornate di lavoro da svolgere in sede e di quelle da svolgere a distanza;
c) modalità di recesso, che deve avvenire con un termine non inferiore a 30 giorni salve le ipotesi previste dall’art. 19 della legge n. 81/2017;
d) ipotesi di giustificato motivo di recesso;
e) i tempi di riposo del lavoratore che, su base giornaliera o settimanale, non potranno essere inferiori a quelli previsti per i lavoratori in presenza nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro;
f) le modalità di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali dell’amministrazione.