Giornata Internazionale per l’eradicazione della povertà. Alleanza contro la povertà: «Il contrasto alla povertà deve essere una priorità del nuovo Governo»

In Italia 5,6 milioni di persone vivono in povertà assoluta. Parliamo del 9,4% della popolazione. I dati Istat fanno riferimento al 2021. Il rischio di povertà o esclusione sociale è rimasto stabile tra il 2020 e il 2021, ma comunque elevato nel confronto europeo, collocando l’Italia agli ultimi posti nella graduatoria dei Paesi dell’Unione.

Ma la povertà non può essere e non è un fatto di numeri. È al contrario un fatto di visi, storie, persone che non possono essere abbandonate ed emarginate dal sistema Paese. Ogni povertà è quasi sempre multidimensionale e complessa, ed ogni povertà è collegata ad un’altra: educativa, sanitaria, abitativa, relazionale.

Il Reddito di Cittadinanza negli scorsi anni ha evitato per un milione di persone la povertà assoluta. Lo strumento, da sempre molto contestato, è diventato tra i principali argomenti di scontro politico. Certo la misura non è perfetta, ma è impensabile tornare indietro. Al contrario il reddito andrebbe migliorato, riformato e rafforzato.

«Il nuovo Parlamento e il nuovo Governo», dice Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza, «pongano la povertà come priorità, attraverso sia misure di contenimento immediato sia misure strategiche. Siamo disponibili ad un confronto per migliorare il RdC e rendere la misura più capace di rispondere alla povertà degli individui e delle famiglie. L’impegno a contrastare la povertà va sempre rinnovato. E anche in questa occasione non manca la nostra volontà»

Le principali richieste per riformare il RdC formulate dell’Alleanza contro la povertà

Modifiche dei requisiti all’accesso

Presentazione della domanda: partire col piede giusto accompagnando le persone nella fase di presentazione della domanda presso i punti unici di accesso.

Scala di equivalenza: la scala attuale penalizza le famiglie con più figli. La soluzione coerente consiste nel far uso della scala di equivalenza Isee.

Stranieri: la norma attuale prevede un vincolo discriminatorio per cui per essere beneficiari del RdC occorre essere residenti in Italia da 10 anni. Si tratta di portare tale vincolo sul più ragionevole livello dei 2 anni.

Patrimonio mobiliare: sarebbe importante allentare il vincolo aggiuntivo sul patrimonio mobiliare, prevedendo un innalzamento della soglia per includere coloro che sono poco sopra il margine o renderlo più flessibile.

Modifiche della presa in carico e della gestione 

Analisi preliminare: la normativa del RdC prevede un automatismo rispetto alla destinazione della presa in carico (personalizzata) tra Centri per l’Impiego e Servizi sociali comunali. Si tratterebbe allora di reintrodurre l’analisi preliminare del nucleo beneficiario in modo da valutare adeguatamente i suoi bisogni multidimensionali, rivedendo il meccanismo automatico di selezione dei percorsi di inserimento per migliorare la capacità di intercettare il disagio sociale. Inoltre, è importante rafforzare la collaborazione e il coordinamento tra CpI e Servizi sociali territoriali tramite la definizione di protocolli di lavoro congiunto e promuovere l’utilizzo integrato delle banche dati degli enti coinvolti nell’implementazione del RdC (INPS, Comuni, GEPI, MyAnpal).

Progetti utili alla collettività: i PUC dovrebbero essere resi volontari, secondo una logica basata sull’empowerment e capacitazione dei soggetti più fragili.

Percorsi di riqualificazione: serve accogliere i nuovi profili a rischio di povertà; il sostegno economico deve essere una delle due gambe del RdC, i servizi per favorire il ritorno al lavoro devono essere l’altra, tenendo conto della nuova platea di poveri. Il RdC deve prevedere percorsi ben funzionanti e mirati di aggiornamento e miglioramento delle competenze e un nuovo disegno della compatibilità tra RdC e reddito da lavoro, per evitare la trappola della povertà.

Inwork benefit: un RdC “amico dell’occupazione”: si tratterebbe di ridurre l’aliquota marginale (la “tassazione”) applicata al reddito da lavoro, abbassandola dal 100% fino al 60%; aumentare il reddito.

L’Alleanza contro la Povertà, nata alla fine del 2013, raggruppa un ampio numero di soggetti sociali che hanno deciso di contribuire in maniera collettiva alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese. Aderiscono all’Alleanza contro la Povertà in Italia: Acli, Action Aid, Anci, Azione Cattolica Italiana, Cgil, Cisl, Uil, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Confcooperative, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano – ONLUS, Fio.PSD, Forum Nazionale del Terzo Settore, Jesuit Social Network, ALI – Autonomie Locali Italiane, Save the Children, Umanità Nuova – Movimento dei Focolari, Adiconsum, Arci, Associazione Generale Cooperative Italiane, Associazione Professione in Famiglia, ATD Quarto Mondo, Fondazione Banco Farmaceutico, CSVnet – Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato, Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia, CNOAS – Ordine Assistenti Sociali Consiglio Nazionale, Croce Rossa Italiana, Focsiv, Fondazione Albero della Vita, Fondazione EBBENE, Gruppi di volontariato vincenziano – AIC Italia, Legacoopsociali, Piccola Opera della Divina Provvidenza del Don Orione, U.N.I.T.A.L.S.I. – Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali, Comunità Giovanni XXIII
Precedente

Il Pnrr e le difficoltà degli enti locali. Divari territoriali: tra carenze di personale e ritardi, le distanze rischiano di crescere. La ricerca di Openpolis

Successivo

Povertà e esclusione sociale. Il Rapporto 2022 della Caritas