Il decreto del ministro della Funzione pubblica del 19 ottobre 2020 contribuisce a chiarire quel che avrebbe comunque dovuto risultare evidente fin da subito: il lavoro agile è una modalità di espletamento dell’attività lavorativa. Come tale, quindi, non è materia rientrante tra quelle concernenti la programmazione politico-amministrativa, bensì la gestione o «micro organizzazione», ai sensi degli articoli 4, comma 2, e 5, comma 2, del dlgs 165/2001. Il dm appare particolarmente utile soprattutto per le amministrazioni locali, nelle quali l’ingerenza dei sindaci e delle giunte si è manifestata particolarmente diffusa. Il decreto è tranciante nel disporre che «ciascun dirigente, con immediatezza» è chiamato a predisporre quanto necessario, per permettere la disposizione in smart working del personale.
Ciascun singolo dirigente è quindi tenuto, a organizzare il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile almeno al cinquanta per cento del personale preposto alle attività che possono essere svolte secondo tale modalità. Per quanto questa incombenza sia riferita al singolo vertice organizzativo, è evidente che comunque occorra una funzione di coordinamento complessivo e, in via preliminare, un’indagine seria su quali siano le funzioni svolte, compatibili col lavoro agile, capace anche di specificare quale è il personale ad esse adibito: solo questo personale, infatti, può essere disposto in smart working nella misura di almeno il 50%. Sempre al singolo dirigente tocca porre in essere azioni di particolare tutela per i lavoratori fragili, favorendone in via prioritaria l’attività in modalità agile. A questo proposito, il dm ricorda lo ius variandi del quale dispone il datore: il dirigente, quindi, deve organizzare il lavoro dei dipendenti fragili che magari siano impegnati in funzioni non compatibili con lo smart working, adibendoli a mansioni diverse, compatibili col lavoro agile, purché della medesima categoria o area di inquadramento come definite dai contratti collettivi vigenti. Allo scopo, potranno essere attivate specifiche attività di formazione professionale. Ancora, è il dirigente a curarsi della rotazione del personale, in modo che nell’arco temporale settimanale o plurisettimanale scelto, si assicuri «un’equilibrata alternanza nello svolgimento dell’attività in modalità agile e di quella in presenza». A tale scopo, il dm suggerisce di considerare criteri di priorità, tra i quali le condizioni di salute del dipendente e dei componenti del suo nucleo familiare di questi; la presenza nel medesimo nucleo di figli minori di quattordici anni; la distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro e il numero e della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e dei relativi tempi di percorrenza.
Il lavoro agile non implica la perdita di contatto coi lavoratori. Se è vero che ad essi possono essere assegnati progetti operativi rendicontabili ed attivabili in autonomia, è altrettanto vero che il lavoratore può essere chiamato a svolgere da remoto porzioni di attività da svolgere in squadra, con esigenze di contatti e confronti. Per questo, il dm specifica che per puntuali esigenze organizzative individuate dal dirigente, il lavoro agile può essere organizzato per specifiche fasce di contattabilità. Incombe, infine, sul dirigente, il compito di verificare le prestazioni rese dai lavoratori in modalità agile.
Pubbliche amministrazioni, smart working a rotazione. Telelavoro per almeno il 50% delle attività da remoto
Lavoro agile per almeno la metà degli statali che possono lavorare da remoto. Ma le amministrazioni dotate di adeguata capacità amministrativa e digitale dovranno assicurare «le percentuali più elevate possibili di lavoro agile». I dipendenti pubblici in smart working saranno oggetto di valutazione. E pur non avendo vincoli di orario e di luogo di lavoro, avranno diritto a riposo e disconnessione perché il telelavoro nella p.a. sarà organizzato per specifiche fasce di contattabilità. Gli enti pubblici dovranno assicurare la rotazione dei lavoratori che alterneranno giornate in presenza e giornate da remoto. Nella rotazione del personale, gli enti terranno conto di diverse variabili: le condizioni di salute dei componenti del nucleo familiare del dipendente, la presenza di figli minori di quattordici anni, la distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro, ma anche il numero e la tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e i relativi tempi di percorrenza.
È quanto prevede il decreto ministeriale sullo smart working nella p.a., firmato dalla ministra della Funzione pubblica, Fabiana Dadone, in attuazione delle norme del decreto Rilancio e alla luce dei dpcm del 13 e 18 ottobre. Il testo contempera l’esigenza di contrasto alla pandemia con la necessità di continuità nell’erogazione dei servizi.
Lo svolgimento del lavoro agile per almeno il 50% del personale impegnato in attività che possono essere svolte da remoto dovrà essere assicurato da ciascuna amministrazione con immediatezza su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale. Le pubbliche amministrazioni potranno farlo in modalità semplificata ancora fino al 31 dicembre 2020. A favore dei lavoratori che usufruiscono dei benefici della legge 104, nonché a favore dei lavoratori fragili, le p.a. garantiranno «ogni soluzione utile» ad assicurare lo svolgimento dell’attività in smart working, compreso il trasferimento ad altra mansione ricompresa nella stessa categoria o area di inquadramento. Le amministrazioni adegueranno i sistemi di misurazione e valutazione delle performance alle specificità del lavoro agile. Il dirigente, verificando anche i feedback che arrivano dall’utenza e dal mondo produttivo, monitorerà le prestazioni rese in smart working dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Come detto, lo smart working nella p.a. potrà essere organizzato per specifiche fasce di contattabilità. Al lavoratore saranno garantiti i tempi di riposo e la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. I dipendenti in modalità agile non dovranno subire penalizzazioni professionali e di carriera. Il decreto di palazzo Vidoni impegna, infine, gli enti pubblici a fornire ai dipendenti i dispositivi informatici e digitali necessari allo smart working, ma resterà comunque consentito l’utilizzo di strumentazione di proprietà del dipendente. da Italia Oggi, di Luigi Olivieri