Il principio della conservazione e continuità del servizio, non giustifica la proroga tecnica disposta dall’Amministrazione in presenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, ben potendo l’Ente ricorrere ad un contratto ponte avvalendosi di una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando (art. 63, comma 2, lett. c, del Codice dei contratti pubblici), in modo da sondare la contendibilità del servizio sul mercato attraverso l’interpello di almeno cinque operatori economici (art. 63, comma 6), specialmente valutando le puntuali indicazioni divulgate dalla Commissione europea e dall’ANAC sullo svolgimento delle procedure di appalto durante il periodo emergenziale. Sono queste le conclusioni cui è pervenuta la Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Siciliana (Deliberazione n. 124/2020) che ha negato il visto di legittimità alla procedura attuata dalla PA richiedente.
La vicenda
Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha inviato alla Corte dei conti, al fine del rilascio del parere di legittimità, l’approvazione dell’atto di ulteriore proroga tecnica dell’appalto del servizio di ristorazione nelle mense obbligatorie per il personale della Polizia penitenziaria. La motivazione della proroga tecnica per l’ulteriore periodo di sei mesi muoveva dalla circostanza che quest’ultima procedura di evidenza pubblica – che in base all’iniziale programmazione avrebbe dovuto concludersi entro il 30 giugno 2020 – era ancora in corso di svolgimento a causa delle straordinarie e urgenti misure normative connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. In particolare la procedura di gara comunitaria, in ragione del valore sopra soglia dell’appalto di servizi, veniva sospesa a fronte della normativa nazionale (art. 103, comma 1, D.L. n. 18/2020 e successivamente l’art. 37, comma 1, D.L. n. 23/2020) che ha disposto la sospensione dei termini dei procedimenti amministrativi per il periodo compreso tra il 23 febbraio e il 15 maggio 2020, ove pendenti o iniziati in tale intervallo di tempo. A dire del magistrato istruttore, la proroga tecnica è stata disposta in modo illegittimo, trattandosi di affidamento diretto di un contratto superiore alla soglia di rilievo comunitario, in assenza di una procedura di evidenza pubblica e in difformità ai paradigmi normativi determinati dall’ordinamento dei contratti pubblici. Mentre, in merito alla sospensione dei termini, gli stessi non potevano che riferirsi alla sola fase dell’evidenza pubblica finalizzata alla scelta del contraente. Non solo, ma la PA nel caso di specie ha ecceduto dalle stesse previsioni del bando e dei documenti di gara, i quali hanno previsto una autovincolo della PA di avvalersi dell’opzione di proroga per un periodo non superiore a sei mesi, conseguentemente stimando il valore complessivo dell’appalto in considerazione del corrispettivo per i servizi resi in regime di proroga per un arco temporale di pari durata. Il magistrato istruttore ha evidenziato in primo luogo che, il termine della proroga di sei mesi fosse superiore all’intervallo di sospensione dei procedimenti amministrativi. In secondo luogo, le disposizioni legislative richiedevano che le pubbliche amministrazioni adottassero ogni misura organizzativa idonea ad assicurare, comunque, la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti in corso nel periodo emergenziale. Inoltre, considerando che la proroga tecnica “è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente” (art. 106, comma 11, Codice dei contratti pubblici), non può non essere rilevato come il provvedimento di proroga non contenesse una previsione dei tempi occorrenti per il completamento della procedura di evidenza pubblica in corso, né esplicitasse adeguatamente le ragioni che avevano reso necessario fissare la decorrenza del futuro contratto di appalto del servizio.
La questione è stata rimessa al Collegio contabile per le relative valutazioni.
Le indicazioni del Collegio contabile
Prima di affrontare il problema sulla legittimità degli atti posti in essere dall’Amministrazione, il Collegio contabile ha evidenziato come l’asserzione della giustificazione dell’emergenza epidemiologica avrebbe giustificato una giustificazione ad una retrocessione del diritto comunitario a vantaggio della situazione eccezionale della nazione, è da considerarsi errata. Infatti, nella fase acuta dell’emergenza, la medesima Commissione dell’Unione europea ha posto all’attenzione delle stazioni appaltanti la circostanza che i principi di libera concorrenza e il diritto di iniziativa economica non avrebbero potuto essere obliterati neppure a causa dell’eccezionalità della situazione in atto. In questo caso, la Commissione avvertiva l’esigenza di effettuare una ricognizione dei principali istituti, disciplinati dalle vigenti direttive comunitarie per i casi di urgenza e di estrema urgenza e connotati dai tratti della flessibilità, allo scopo di proporre “soluzioni rapide e intelligenti” atte a soddisfare le primarie esigenze di acquisizione di beni e servizi per affrontare la straordinaria crisi sanitaria, senza, tuttavia, compromettere il funzionamento dell’economia di mercato (es. considerevole riduzione dei tempi delle procedure aperte o ristrette; procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando, etc.). Né può essere giustificata l’argomentazione dell’Amministrazione per la quale la prospettiva della convenienza economica soddisferebbe in ogni caso il principio costituzionale di buon andamento, così da rendere legittima anche quella azione amministrativa che si discosti dal paradigma richiesto dal diritto comunitario, e, in definitiva, dal principio costituzionale di legalità. In fatti, nel contesto normativo attuale, il punto di vista si presenta indubbiamente diverso in quanto lo sguardo è principalmente rivolto alle esigenze del regolare funzionamento del mercato e della libertà di impresa. E ciò nella considerazione che la committenza pubblica, nell’alimentare il volume delle transazioni commerciali iniettando ingenti risorse finanziarie nel circuito economico, è in grado di influenzare il posizionamento degli operatori economici all’interno del mercato, così da poterne cagionare il rafforzamento o, all’opposto, l’espulsione.
Nel caso di specie, continua il Collegio contabile, l’istituto della cosiddetta proroga tecnica, non espressamente e direttamente disciplinato dall’ordinamento sovranazionale degli appalti pubblici, conduce ad una modifica dell’oggetto del contratto che concerne la maggiore durata dell’appalto e il cui fondamento normativo poggia sull’esigenza di garantire la continuità di un servizio nell’interesse dell’amministrazione, nelle more dello svolgimento della procedura di evidenza pubblica per il nuovo affidamento. Nel caso di specie, invece, la proroga tecnica disposta involge direttamente la “prestazione contrattuale” e non solo il mero “termine dell’adempimento”. Infatti, al ricorrere di un appalto di servizi avente a oggetto una prestazione determinata la proroga del contratto provoca solo un differimento del quando dell’esecuzione della prestazione dedotta in contratto. Differentemente, qualora l’appalto consista nell’esecuzione continuata o periodica di un servizio, la proroga implica una diretta modifica della prestazione contrattuale, in quanto essa viene erogata per un tempo maggiore e con la percezione di un ulteriore compenso. In questo caso, precisano le direttive comunitarie, la proroga del contratto può essere disposta solo se essa è stata prevista nei documenti di gara iniziali, con correlata indicazione del valore monetario che ricomprenda tale proroga tecnica.
In conclusione, per il Collegio contabile siciliano, la proroga disposta dall’Amministrazione è da considerarsi illegittima e come tale ricusa il visto di legittimità e la conseguente registrazione. da quotidianopa.leggiditalia.it