FESTIVAL DELLE CITTÀ 2023, “Riforme e sfide per l’Italia”: Calenda, Bonafè e Vecchi e l’esigenza di un nuovo orizzonte istituzionale

Si susseguono visioni politiche suggestive alla quinta edizione del Festival delle Città 2023, kermesse intitolata “Sortirne insieme”, in occasione del centenario di Don Lorenzo Milani, che si tiene nella sempre affascinante piazza San Salvatore in Lauro, presso il Pio Sodalizio dei Piceni a Roma. In particolar modo durante il panel “Riforme e sfide per l’Italia”, a cui hanno partecipato con ardore oratorio Carlo Calenda, senatore della Repubblica, Simona Bonafè, deputata della Repubblica e Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia, intervallati da David Parenzo, giornalista di La7.

Carlo Calenda è un fiume in piena e non si risparmia su nessun argomento. Soprattutto quando riflette sulla consistenza dell’apparato politico nazionale presente e futuro: «Il bipolarismo ha fallito perché ha estremizzato il conflitto politico. E ci stiamo avviando verso una situazione in cui il conflitto diventa addirittura antropologico. Dobbiamo riprendere dal sistema tedesco, così da accentrarlo e impedire queste derive di dialogo violento.
In questo Paese non si possono fare riforme elettorali con approcci frontali. Abbiamo consigliato a Meloni di creare una consulta per realizzare quelle riforme istituzionali, altrimenti infattibili. Abbiamo bisogno si una legge elettorale proporzionale con le preferenze.
Non si riesce a fare riforme perché la controparte non è mai avversario, ma nemico: se non si ha un minimo di riconoscimento dell’avversario, non si può lavorare insieme. L’unico Governo che potrà opporsi a questo sarà un Governo di larga coalizione: con un voto in parte di centrosinistra e in parte di centrodestra. Occorre un grande partito socialdemocratico, non populista.
Farò battaglia sull’abuso d’ufficio.
Sono favorevole al nucleare per decarbonizzare l’Italia, altrimenti saremo sempre dipendenti dal gas. Ecco, il piano del PD per la tranisizione energetica lo trovo improponibile.
Sostenere che oggi la contrattazione nazionale porta salari degni è indegno.
Fitto si sta incartando da solo con la gestione dei fondi del PNRR e ci ritroveremo a spenderli sotto la soglia del 50%: sarà la più grande sconfitta dell’Italia in campo europeo».

La deputata Simona Bonafè torna su argomenti sensibili al dibattitto pubblico di queste ultime settimane: «Inutile dire che nel nostro Paese c’è uno scontro aspro a tutto campo. Mi piace pensare che forse nell’ultimo periodo nel nostro contesto ci si sia ritrovati a sortire insieme su alcuni aspetti, salario minimo su tutti. Un altro argomento su cui spero si lavorerà insieme è quello della sanità pubblica: dobbiamo far capire alla Meloni che anche se le risorse sono scarse, vanno messe sulla sanità.
Facessero il piacere di dire ai sindaci dove sono andati e dove riprenderanno quei 16 miliardi stanziati per opere già avviate e ora ferme.
Un Paese civile prova a cercare la più ampia convergenza e a trovare un punto in comune per lavorare alle criticità istituzionali del Paese. Un sistema elettorale in cui le liste le fanno le segreterie del partito allontana il cittadino.
Occhio all’inflazione in Italia, che è la “tassa” più iniqua che esiste. Sul PNRR sono molto preoccupata per l’immagine e la credibilità del nostro Paese in Europa. Se noi falliamo, come lo diciamo agli altri Paesi che siamo affidabili per lavorare ai grandi obiettivi europei?»

Luca Vecchi non ha dubbi: il problema cronico dell’Italia ha natura “valoriale e culturale”: «Siamo un Paese che dal ’48 in poi ha portato avanti riforme costituzionali, naufragando ogni volta: sono riforme che o sono connesse con l’anima politica del Paese, oppure falliscono.
Se guardo a questo primo anno di Governo, alla concezione del potere messo in campo, si sta tentando di introdurre giorno dopo giorno il tentativo di un’altra storia valoriale e culturale del tutto asincrona a quella precedente. Fino a quando non saremo in grado di dare un altro orizzonte strategico a questo Governo, la comunità nazionale non riuscirà a comprendere dialetticamente e culturalmente che un’Italia diversa è possibile.
La transizione energetica è un’operazione che riuscirà solo se si lavora su larga scala alla partecipazione dei cittadini. Ma il Governo centrale deve fare una riflessione potente non solo sulle città metropolitane, ma sulla rete delle città medie e piccole, altrimenti queste oltre un certo profilo di autonomia progettuale non riusciranno ad andare».

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