Un sindaco ha formulato una richiesta di parere in merito alla corretta applicazione dell’art. 22, comma 15 del d.lgs. n. 75/2017, chiedendo in particolare se, al fine di individuare la misura percentuale del 30% dei posti riservati alle progressioni verticali, debba farsi riferimento a ciascuna categoria o area, e se, al medesimo fine, tra le nuove assunzioni previste dal piano triennale del fabbisogno, debbano essere conteggiate anche quelle realizzate mediante procedura di mobilità volontaria esterna ai sensi dell’art. 30, comma 1, d.lgs. n. 165/2001.
I magistrati contabili della Toscana, con la deliberazione 34/2021, che pubblichiamo, hanno preliminarmente ricordato la disciplina generale in tema di progressioni verticali: l’art. 52, comma 1 bis, del d.lgs. n. 165/2001 dispone che il passaggio tra aree funzionali avvenga tramite concorso pubblico e l’art. 24 del d.lgs. n. 150/2009, sancisce la possibilità per l’Amministrazione che intenda valorizzare le competenze professionali sviluppate dai dipendenti, in relazione alle proprie specifiche esigenze, di prevedere una riserva di posti a favore del personale interno, in misura comunque non superiore al 50% dei posti messi a concorso.
L’art. 22, comma 15 del d.lgs. n. 75/2017 consente alle amministrazioni pubbliche di derogare alla richiamata disciplina generale delle progressioni verticali laddove prevede “al fine di valorizzare le professionalità interne” il passaggio di area non ricorrendo al concorso pubblico bensì ad una procedura selettiva riservata al personale di ruolo, fissando al contempo limiti rigorosi per la sua applicazione, in particolare limitandone l’operatività temporale (triennio 2020/2022) e fissando un tetto ai posti disponibili pari al 30% di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria.
Relativamente al primo quesito, secondo la deliberazione in commento, in accordo con indirizzi espressi da altre pronunce (Corte conti, sez. contr. Campania, del. n. 103/2019, sez. contr. Puglia, del. n. 71/2019, sez. contr. Basilicata, del. n. 38/2020), come la lettera della norma stabilisce, il numero di posti per le procedure selettive riservate non può superare il 30% di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria e, pertanto, la percentuale non può che riguardare il numero di posti previsti per i concorsi di pari categoria e non, invece, il numero complessivo di posti previsti dal piano del fabbisogno triennale indipendentemente dalla categoria o area per cui il concorso è bandito.
In merito al secondo quesito, i magistrati contabili della Toscana hanno dato risposta positiva, specificando che il citato art. 22, comma 15 del d.lgs. n. 75/2017 si riferisce alle assunzioni, senza ulteriori specificazioni o esclusioni: il numero di posti per le procedure selettive riservate non può superare il 30% “di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria.”, essendo indifferente se i restanti posti vengano coperti con procedura di mobilità di cui all’art. 30, comma 2-bis, del d.lgs. 165/2001 (propedeutica all’indizione del concorso pubblico).
La Corte, infine, a sostegno indiretto delle proprie conclusioni relative al secondo quesito, richiama la normativa vigente sulle facoltà assunzionali degli enti locali (art. 33, comma 3, d.l. n. 34/2019) che segna, tra le altre cose, il superamento del concetto di “mobilità neutrale”, stabilendo che tutti i dipendenti in qualsiasi modo assunti (concorso pubblico, mobilità, scorrimento di graduatoria) contribuiscono, con la loro spesa imputata al bilancio dell’ente, a determinare il volume della spesa del personale rilevante al fine di determinare i limiti assunzionali in rapporto con le entrate correnti.
da self-enti locali.it