Lo smart working nella Pubblica amministrazione non sarà abolito, è auspicabile resti per una quota fino al 15%. Il ministro della PA, Renato Brunetta, anticipa i punti salienti del piano sul lavoro agile in occasione del Forum Ambrosetti.
“L’ipotesi che auspico prevede una quota fino al 15% di smart working, anche dopo il ritorno in presenza”, ha spiegato Brunetta, il quale precisa che lo smart working cui si è ricorsi durante l’emergenza è stato “all’italiana”, senza adeguate infrastrutture e senza regole contrattuali. Ora sono stati sbloccati i rinnovi contrattuali “per fissare le regole del gioco” ovvero per definire le modalità di lavoro agile per la pubblica amministrazione.
“Sarà questione di due mesi al massimo”, assicura Brunetta, che aggiunge: “Saranno definite le regole su disconnessione, produttività, misurazione dei risultati. Poi c’è da costruire la piattaforma informatica” a cui ricorrere per il lavoro da casa.
Il ritorno in ufficio deve avvenire per smaltire le montagne di arretrati, forti dell’arrivo di migliaia di nuovi assunti grazie allo sblocco del turnover e alle risorse Pnrr. È bene che si torni in ufficio, dice Brunetta, anche “per sostenere la ripresa del Paese”. “Tornare al lavoro in presenza – ha aggiunto – è una necessità di buon senso. Io vorrei che la burocrazia accompagnasse la crescita”.
“Io per primo ho avviato in sede Aran la regolazione per via contrattuale della modalità dello smart working – ha annunciato –. Perché tutto lo smart working che si fa è senza un contratto perchè è una sperimentazione tutta italiana e questo non può essere il modello. Io ho avviato la regolazione ma è il datore di lavoro che decide, cioè lo Stato. È oggetto di trattativa contrattuale è la modalità, cioè come farlo. Attualmente, ad esempio, non c’è una regola sulla disconnessione. A chi mi critica sul fatto che
bisogna coinvolgere il sindacato voglio dire che le parti sociali sono già coinvolte nella parte che spetta alle relazioni”.
Secondo i sindacati è necessario inserire le norme che regolano lo smart working all’interno dei contratti nazionali. Lo ha spiegato bene, Maurizio Landini segretario generale della Cgil. “La regolamentazione dello smart working è un tema che esiste – ha detto intervenendo alla festa de “Il Fatto Quotidiano” –. Questa materia deve essere regolata dai contratti nazionali”. Soprattutto garantendo i diritti. “Se sono sempre io che lavoro non può essere che ho diritti diversi a seconda delle condizioni in cui lavoro. Gli orari, le maggiorazioni, il sabato e la domenica rimangono. Non è che li cancelli”.
Riproponiamo la “Circolare Dadone” sul lavoro agile e i risultati del monitoraggio effettuato per iniziativa del Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
da corrierecomunicazioni.it, di Federica Meta